Il 12 marzo 2024 il Parlamento europeo ha espresso il suo voto favorevole alla direttiva Green Claim, con 467 voti favorevoli e soli 65 contrari, già approvata dalla Commissione europea.
La direttiva Green Claim rappresenta la risposta istituzionale al fenomeno del greenwashing e della pubblicità ingannevole sul tema della sostenibilità. Una direttiva che nasce allo scopo di tutelare consumatori e utenti finali da false dichiarazioni ed etichette generiche o fuorvianti circa le qualità sostenibili di prodotti e servizi, che richiede trasparenza riguardo alle metodologie utilizzate per valutare l’impatto ambientale e prevede sanzioni per le violazioni delle prescrizioni in essa contenute.
Il quadro normativo introdotto dalla direttiva “Green Claim” non solo protegge i consumatori da informazioni fuorvianti, ma promuove anche una concorrenza equa tra le imprese, incoraggiando l’adozione di pratiche sostenibili a tutti i livelli della catena di approvvigionamento.
In questo contenuto approfondiremo i principi sui quali si fonda la direttiva Green Claim e a quali tipi di condotte di greenwashing fa riferimento.
Che cosa si intende per “Green Claim”?
La direttiva Green Claim è parte di una serie di iniziative legislative volte da un lato a tutelare i consumatori e responsabilizzarli rispetto alle abitudini di acquisto e, dall’altro, ad indurre le imprese a comunicare in maniera trasparente e chiara le informazioni circa le qualità sostenibili di prodotti e servizi.
Nei documenti che hanno anticipato la direttiva è presente la definizione di “Green Claim”, ovvero: “un messaggio o una dichiarazione avente carattere non obbligatorio, compresi testi e rappresentazioni figurative, grafiche o simboliche, in qualsiasi forma, tra cui marchi, nomi di marche, nomi di società o nomi di prodotti, che asserisce o induce a ritenere che un dato prodotto o professionista abbia un impatto positivo o nullo sull’ambiente oppure è meno dannoso per l’ambiente rispetto ad altri prodotti o professionisti oppure ha migliorato il proprio impatto nel corso del tempo”.
In un comunicato stampa del Parlamento europeo del 19 settembre 2023 è presente un elenco, non esaustivo, dei Green Claim banditi dalla direttiva, ovvero:
- Affermazioni ambientali generiche, come “ecologico”, “a emissioni zero”, “biodegradabile”, senza il supporto di documenti e certificazioni che possano provarlo;
- Informazioni circa i meccanismi di compensazione delle emissioni, le quali lasciano intendere l’impatto ambientale neutro o ridotto dei prodotti senza possibilità di fornire una prova di quanto affermato;
- Etichette di sostenibilità non certificate;
- Affermazioni circa la durata del ciclo di vita dei prodotti, non verificabili;
- Informazioni circa la sostituzione, non necessaria, di materiali di consumo.
La direttiva Green Claim impone alle imprese di certificare, attraverso enti accreditati e documentazioni che seguono standard internazionali, tutto ciò che viene affermato in ambito sostenibile, con l’onere di rendere accessibili a consumatori e stakeholder questa tipologia di documenti e certificati.
Il fenomeno del greenwashing e la differenza con il greenhushing
La direttiva Green Claim è stata pensata come uno degli strumenti normativi di contrasto al fenomeno del Greenwashing, sempre più diffuso all’interno delle strategie comunicative di grandi e piccole imprese.
Si tratta di un comportamento, volontariamente o involontariamente, fuorviante rispetto alla comunicazione di informazioni circa le qualità sostenibili e a basso impatto ambientale di prodotti e servizi, idoneo a produrre un doppio danno:
- Ai consumatori e agli stakeholder, perché altera la loro percezione del brand;
- All’impresa che lo mette in atto, in termini di reputazione aziendale ed affidabilità del marchio.
La motivazione per la quale, negli ultimi dieci anni, il fenomeno del greenwashing si è diffuso in modo esponenziale risiede nel tentativo di molte imprese di capitalizzare la domanda sempre più crescente di prodotti e servizi ad impatto ambientale neutro o ridotto, nel tentativo di creare un’immagine del brand, appunto, “dipinta” di verde.
Praticare greenwashing comporta una serie di rischi dalla portata non indifferente, ad esempio:
- Perdita di fiducia da parte dei consumatori, ormai sempre più consapevoli circa l’utilizzo di informazioni fuorvianti in merito alla sostenibilità dei prodotti;
- Assenza di miglioramento delle strategie sostenibili concretamente adottate dall’impresa, specialmente nel caso in cui la condotta di greenwashing non viene accertata;
- In ambito finanziario, mancata possibilità di accedere a linee di investimento e finanziamento dedicate ad imprese che adottano iniziative sostenibili.
Di fianco al fenomeno del greenwashing è possibile collocare un’altra pratica, che rappresenta una sorta di effetto boomerang della crescente consapevolezza dei consumatori circa le informazioni fuorvianti sulla sostenibilità: il greenhushing.
Il greenhushing si verifica quando le imprese, pur di non integrare condotte di greenwashing, anche involontarie, scelgono di non fornire del tutto informazioni circa l’impegno sostenibile intrapreso.
Un fenomeno che può avere origine da diverse cause, tra cui l’incertezza sull’efficacia o la certificabilità delle proprie politiche ambientali, oppure la mancanza di coerenza delle azioni sostenibili intraprese rispetto al settore di appartenenza, o, ancora, la scelta di ottenere in maniera poco trasparente un vantaggio competitivo su imprese dello stesso settore.
Anche nel greenhushing è possibile intravedere un insieme di condotte dannose all’affidabilità del marchio, alla reputazione di un brand e alla responsabilità sociale dell’impresa che lo mette in atto e non rappresenta affatto una risposta adeguata al rischio di greenwashing.
Comunicare la sostenibilità con Tecno
La comunicazione della sostenibilità aziendale emerge come un pilastro fondamentale nella lotta contro il greenwashing, fungendo da principale strumento di prevenzione e trasparenza.
Questo approccio non solo promuove la credibilità delle imprese, ma facilita anche un dialogo aperto e onesto con i consumatori, i partner commerciali e tutte le parti interessate.
La comunicazione efficace della sostenibilità permette alle aziende di educare i propri stakeholder sulle sfide ambientali e sulle azioni intraprese per affrontarle. Attraverso messaggi chiari e informativi, le imprese possono sensibilizzare il pubblico sulle tematiche ambientali e stimolare comportamenti più responsabili, stimolando all’interno del proprio settore di appartenenza l’innovazione e la competitività in termini sostenibili.
Trattandosi di argomenti la cui gestione è complessa, elaborare un efficiente piano di comunicazione circa le politiche sostenibili dell’azienda è una soluzione pratica e vantaggiosa, che produce effetti considerevoli anche sul lungo periodo, sensibilizzando da un lato il personale interno sul tema e dall’altro il pubblico cui le informazioni sono rivolte.
La comunicazione sostenibile rappresenta una leva di responsabilità sociale, ambientale e di governance delle imprese.
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