La politica agricola comune europea (PAC) punta sull’agroecologia e sulla filiera corta per incentivare una produzione alimentare che sia all’altezza degli obiettivi UE in materia di cambiamenti climatici. Stagionalità, territorialità, risparmio e innovazione sono i pilastri della transizione agroalimentare e le aziende del settore devono uniformarsi entrando in possesso delle giuste pratiche e certificazioni ambientali.
Un sistema a zero emissioni con l’agroecologia e la filiera corta
L’agricoltura può favorire il raggiungimento degli obiettivi fissati al 2050 in materia di riduzione di emissioni e di riscaldamento climatico?
Il settore agricolo è uno dei più emblematici del sistema economico europeo e che più di tutti subisce le conseguenze e gli effetti dei cambiamenti climatici – basti pensare alla potenza distruttiva di una pioggia torrenziale su un raccolto – ed è al contempo un settore principale nella mitigazione degli stessi.
Con una mitigazione efficiente è possibile, infatti, garantire redditi e sicurezza ambientale, sia perché il settore agricolo è fonte di sostenibilità di più di un 1/3 della forza lavoro mondiale, sia perché esso gestisce circa metà delle terre emerse del pianeta.
La Politica Agricola Comune ( PAC) promossa dalla Commissione UE – guidata da Ursula van der Leyen – propone di conciliare la produzione alimentare con la salvaguardia economica delle comunità rurali e le sfide ambientali, quali: cambiamenti climatici, gestione delle risorse idriche, bioenergie e biodiversità.
L’UE sceglie di seguire l’approccio suggerito dagli scienziati, dalle associazioni unite dall’hashtag #cambiamoagricoltura e dal CESE (Comitato Economico e Sociale Europeo) puntando, dunque, tutto su agroecologia e filiera corta.
Agroecologia e filiera corta: di cosa si tratta?
“L’agroecologia è un approccio integrato che applica simultaneamente concetti e principi ecologici/sociali alla progettazione e alla gestione dei sistemi alimentari e agricoli. Cerca di ottimizzare le interazioni tra piante, animali, esseri umani e ambiente tenendo conto degli aspetti sociali che devono essere affrontati per un sistema alimentare sostenibile equo”.
È in questo modo che la FAO definisce l’agroecologia. Scienza, pratica e responsabilità sociale si fondono per aumentare le quantità di cibo prodotte senza alterare lo stato degli ecosistemi. L’approccio agro-ecologico si oppone quindi al metodo tradizionale che – negli ultimi anni – ha danneggiato l’ambiente causando: perdita di suolo, di materie organiche, di biodiversità ed emissioni massicce di gas nocivi.
L’agroecologia promette benefici sia a produttori che consumatori. I primi possono usufruire di una maggiore fertilità del suolo, diversificare la produzione e approfittare di una notevole riduzione dei costi di produzione. I consumatori, invece, possono accedere a prodotti di qualità offerti a costi ragionevoli e che preservano risorse e biodiversità.
Filiera corta: dalla storia all’importanza strategica
La filiera corta – o vendita diretta – è intesa come l’insieme di attività che prevedono un rapporto diretto tra produttore e consumatore. Cerchiamo però di comprendere meglio questo concetto, facciamolo con una breve storia.
C’erano una volta i mercati contadini, luoghi rionali in cui i produttori vendevano la merce raccolta ai consumatori. Nel tempo, i mercati contadini sono stati offuscati e sostituiti dai grandi canali di vendita, quali ipermercati e centri commerciali; luoghi che consentono al consumatore di trovare a qualsiasi ora un prodotto controllato.
Passano gli anni e i clienti tornano a preferire l’esperienza di vendita diretta, la condivisione, quel momento di acquisto che si arricchisce dell’opportunità di scambiare qualche informazione.
Il commerciante però non è più il contadino, ma l’intermediario; colui che acquista attingendo da mercati generali o centri agroalimentari e garantisce per la qualità dei prodotti offerti.
Si comincia a parlare così di farmers’ market, forme di vendita che all’estero si inseriscono tra le Afn (Alternative food network), ossia canali che si differenziano da quelli tradizionali. In Italia, però, ciò che altrove viene identificato come farmers’ market si arricchisce divenendo un’esperienza di acquisto di prodotti tipici locali. Territorio, valori e tradizioni, dunque, prima di ogni cosa.
Oggi, la filiera corta rappresenta non solo un’occasione di sopravvivenza, ma una seria opportunità di successo imprenditoriale. I commercianti possono diversificare la propria offerta vendendo prodotti coltivati e raccolti in aree vicine; assicurarsi un reddito sicuro e un risparmio economico notevole. La vendita di prodotti a chilometri zero aiuta i venditori ad evitare i costi di trasporto, dunque a limitare la spesa di carburante e le emissioni atmosferiche correlate. A ciò va aggiunto il risparmio di energia necessaria evitato grazie al rispetto del ciclo di vita naturale delle stagioni.
Quando però la filiera corta non si adatta alle realtà aziendali più grandi è all’etichettatura ambientale europea che bisogna ricorrere, per certificare la qualità e l’impatto ambientale dei prodotti e rendere più consapevoli i consumatori.
Carbon footprint ed EPD: le certificazioni di sostenibilità per il settore agroalimentare
Con la Carbon Footprint un’azienda può misurare l’entità delle emissioni di gas serra nell’atmosfera di un prodotto o di un’organizzazione. In caso di prodotti l’analisi coinvolge l’intero ciclo di vita del bene. Diversamente, l’organizzazione che intende conseguire la certificazione carbon footprint sceglie di agire per determinare il valore delle emissioni di gas serra prodotte nell’intero anno dell’esercizio aziendale, pertanto sarà interessata da un iter differente.
La certificazione EPD è, invece, uno strumento utile a comunicare le prestazioni ambientali di prodotti e/o servizi. Il possesso dell’EPD semplifica il confronto di prodotti equivalenti e agevola la commercializzazione di beni e servizi favorendo l’acquisto consapevole e responsabile dell’utente.
Carbon Footprint ed EPD sono tra le certificazioni oggi più richieste dalle aziende, soprattutto per partecipare a bandi e gare di fornitura del settore agroalimentare.
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