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Crediti di carbonio: cosa sono?

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Presto tutte le aziende potrebbero essere interessate dalla partecipazione al mercato dei crediti di carbonio per effetto di una “politica” globale, che misurerà e valuterà il valore delle stesse in base all’impegno ambientale dimostrato; è il momento giusto per saperne di più.   Crediti di carbonio: validi strumenti per la strategia aziendale   Tra le strategie di business adottate dalle aziende, quella dedicata alla sostenibilità acquisisce sempre più rilievo. Oggi le imprese sentono il bisogno di agire a tutela dell’ambiente, ma anche dei propri affari; hanno quindi l’esigenza di soddisfare più bisogni:   Adattare il proprio modello di business alle sfide ambientali e in virtù degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’agenda 2030; Ridurre l’impatto ambientale dei propri prodotti, servizi o dell’organizzazione per essere più competitivi e favorire la decarbonizzazione.   In questo scenario, i crediti di carbonio si posizionano come ottimo strumento – in termini di solidità e credibilità – per testimoniare le azioni di sostenibilità e di tutela ambientale intraprese. Inoltre, chi non fa alcuno sforzo per il bene del pianeta, ben presto dovrà allinearsi, per evitare le penalizzazioni che il mercato – e non solo – riserva a chi sceglie di estraniarsi dinanzi ai problemi ambientali.   Cos’è un credito di carbonio   Un credito di carbonio è un certificato negoziabile dal valore pari ad una tonnellata di CO2 equivalente non emessa o assorbita. Tecnicamente, un credito di carbonio è un’unità di carattere finanziario che rappresenta la rimozione di una tonnellata di CO2 equivalente dall’atmosfera.   Chi acquista un credito di carbonio dimostra di aver contribuito, mediante il denaro speso per l’acquisto, alla realizzazione di un progetto di tutela ambientale, nato con l’intento di ridurre o assorbire le emissioni globali di CO2 e di altri gas nocivi. Tali progetti, nazionali o internazionali, spesso interessano paesi in via di sviluppo e sono ideati e realizzati da organizzazioni, associazioni o enti terzi.   Esistono tre tipi di crediti di carbonio certificati: VER – Verified Emission Reduction: credito di carbonio emesso da un sistema esterno di verifica che può essere utilizzato nel mercato volontario del carbonio; CER – Certified Emission Reduction: credito di carbonio emesso da un sistema esterno di verifica e usato nel mercato regolato del carbonio; VCU – Verified Carbon Unit: credito di carbonio emesso da un sistema esterno di verifica che può essere utilizzato nel mercato volontario del carbonio.   Il mercato volontario dei crediti di carbonio: un po’ di storia Il meccanismo del mercato volontario dei crediti di carbonio prende forma nel quadro del Protocollo di Kyoto, nel 1997. Nel tempo – al fine di conseguire gli obiettivi del protocollo – si sono definiti diversi mercati di flessibilità per la realizzazione di progetti di riduzione delle emissioni di gas serra.   Nel 2015, con l’introduzione dell’Accordo di Parigi, lo scenario cambia: non ci sono più obiettivi vincolanti imposti ai soli paesi industrializzati, bensì una strategia unica per tutti gli Stati e una responsabilità comune che tiene comunque conto di tutte le singole peculiarità.   Per contribuire alla mitigazione delle emissioni di gas serra viene istituito un meccanismo su base volontaria; viene promossa una finanza per il clima e i paesi industrializzati devono sostenere quelli più poveri nelle azioni di mitigazione e adattamento.   È in questo scenario che nasce il mercato istituito dall’UE per portare avanti la sua lotta ai cambiamenti climatici, lo European Emission trading scheme (Eu Ets).   Crediti di carbonio: come funziona?   Le aziende o le organizzazioni che non possono o non riescono a ridurre o eliminare le emissioni di CO2 o di altri gas serra prodotte – per la realizzazione di beni, servizi o per i processi aziendali – possono acquisire crediti di carbonio da un ente esterno o da chi è stato particolarmente virtuoso e sceglie di vendere le sue eccedenze.   Il meccanismo coinvolge più soggetti che all’occorrenza potremmo suddividere in diretti e indiretti. Le parti dirette sono: il soggetto acquirente, il venditore e l’ente terzo che finalizza il progetto di tutela ambientale. Le parti indirette sono: gli stakeholders (consumatori, partner, fornitori, ecc.), la Pubblica Amministrazione e gli enti privati. I primi partecipano attivamente al meccanismo dei crediti di carbonio, i secondi subiscono “il fascino” delle aziende che acquistano i crediti di carbonio e ne sono influenzati.   Quando un’azienda acquista un credito di carbonio certificato, questo viene “tracciato” (in gergo: cancellato) su specifici registri, gestiti da terzi, per evitare che un credito sia utilizzato per un’unica attività di compensazione e che lo stesso credito sia venduto più volte.   Vantaggi: perché un’azienda dovrebbe acquisire un credito di carbonio   Acquistare un credito di carbonio non equivale solo a partecipare attivamente alle politiche europee affinché possano realizzarsi gli obiettivi dello sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030; significa sottolineare e mostrare al mondo il proprio impegno per la tutela ambientale e della comunità.   Inoltre, dall’acquisto di crediti di carbonio l’azienda può trarre diversi benefici: Partecipare ai progetti di mitigazione delle emissioni di gas serra globali Migliorare la competitività aziendale Migliorare il suo posizionamento nel mercato Differenziarsi dai competitor Conquistare il favore di potenziali finanziatori, partner commerciali e clienti   Crediti di carbonio? Ecco cosa può fare Tecno per la tua azienda   Nella filiera della riduzione e dell’assorbimento della CO2 sono tante le parti coinvolte, tra chi si occupa della misurazione, chi della riduzione e/o eliminazione delle emissioni, chi gestisce le attività di compensazione e molti altri. Per un’azienda non è semplice districarsi tra le dinamiche della filiera, inoltre rischia di imbattersi in chi sta approfittando del filone della sostenibilità per alimentare un business illecito e poco trasparente.   In Tecno trovi esperti in energy e carbon management e percorsi personalizzati.   Alle imprese interessate alla riduzione delle emissioni di CO2 di prodotti, servizi o processi offriamo la possibilità di misurare, rendicontare, ridurre o eliminare le emissioni rilevate e di conseguire la certificazione carbon footprint di prodotto e/o di organizzazione per testimoniare quanto fatto.   Alle realtà che intendono compensare/annullare le emissioni prodotte garantiamo il servizio dedicato all’acquisizione di crediti di

Zone economiche ambientali: stanziati 40 milioni di contributi straordinari

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Questo contenuto è stato aggiornato in data 22/03/2021   Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, stanzia un fondo di 40 milioni di euro di contributi straordinari per le Zone Economiche Ambientali che hanno avuto una riduzione del fatturato. L’importo del contributo è proporzionale alla differenza tra il fatturato registrato nel periodo tra gennaio e giugno 2019 e quello registrato nello stesso periodo del 2020. Quindi, il dato del 2020 deve risultare inferiore al dato del 2019. Le istanze vanno trasmesse in modalità telematica tramite il portale contributozea.it a partire dal giorno 15 febbraio. Il termine di scadenza per la presentazione delle domande di contributo è stato prorogato al 14 aprile 2021.   Cosa sono le Zone Economiche Ambientali?   Le Zone Economiche Ambientali sono aree che coincidono con i territori dei parchi nazionali, istituite dal Decreto Clima a fine 2019. Il Decreto Clima è un provvedimento che introduce una serie di misure volte al contrasto ai cambiamenti climatici, al miglioramento dell’aria e alla promozione dell’economia verde.   I parchi nazionali sono aree protette, che vengono preservate e tutelate attraverso norme specifiche dallo sviluppo antropico e dall’inquinamento garantendone l’integrità, la biodiversità, la conservazione nel lungo periodo. I parchi nazionali sono in grado di promuovere l’economia circolare, l’uso di energie rinnovabili, favorire la coesione sociale e la cura del territorio salvaguardando un prezioso patrimonio di civiltà che in molti casi risulta in declino o in estinzione.   Sviluppo sostenibile ed economia verde   L’economia verde si riferisce alla produzione e all’impatto che questa ha sull’ambiente. Prevede investimenti pubblici e privati che siano in grado di favorire maggiore efficienza energetica, riduzione delle emissioni CO2 e salvaguardia dell’ecosistema.   Lo sviluppo sostenibile va promosso, dai parchi nazionali, attraverso le tre dimensioni della sostenibilità:   ambientale, con l’obiettivo di ridurre o almeno non aumentare la pressione delle attività dell’uomo sull’ambiente naturale; sociale, con un’attenzione particolare allo sviluppo e alla tutela dei valori culturali delle comunità locali; economica, puntando al miglioramento delle condizioni di benessere materiali delle comunità locali.   Raggiungere questi obiettivi è ovviamente possibile grazie all’impegno degli enti di gestione del territorio, così che si possa favorire l’utilizzo delle risorse naturali e culturali, migliorare i modelli di consumo dei residenti, stimolare la partecipazione ad iniziative di conservazione delle risorse naturali.   Chi può beneficiare del contributo?   Possono beneficiare del contributo micro e piccole imprese, attività di guida escursionistica ambientale, guide del parco. È necessario che tali imprese dichiarino di essere micro o piccole imprese come definito dal Regolamento UE 651/2014, non essere impresa in difficoltà o in stato di scioglimento, liquidazione volontaria o avere in atto procedure concorsuali, come fallimento, liquidazione coatta, concordato preventivo, amministrazione controllata o straordinaria. Il contributo è cumulabile con le altre misure emanate per contrastare la crisi economica da Covid-19.   Come vi si accede? Per poter accedere al contributo straordinario i soggetti beneficiari dovranno risultare attivi alla data del 31 dicembre 2019 e possedere i seguenti requisiti al momento della presentazione della domanda:   avere sede operativa all’interno di una ZEA o operare all’interno di un’area marina protetta; essere iscritti all’assicurazione generale obbligatoria o a sue forme esclusive e sostitutive, o alla gestione separata di cui all’articolo 2 comma 26 della legge 8 agosto 1995 n.335; avere avuto una riduzione del fatturato, determinabile dalla differenza tra il fatturato registrato nel periodo tra gennaio e giugno 2019 e quello registrato nello stesso periodo del 2020.   Requisiti ambientali: occhio alle certificazioni Le micro e piccole imprese devono svolgere attività economica eco-compatibile, quindi devono essere in possesso di una delle seguenti certificazioni:   sistema di ecogestione e audit Emas marchio di qualità ecologica Ue Ecolabel sistemi di gestione ambientale ISO 14001 sistemi di gestione dell’energia ISO 50001 regimi di qualità per prodotti biologici, come da regolamento CE 834/2007 catena di custodia FSC – Forest Stewardship Council –  e PEFC – Programme for the Endorsement of Forest Certification schemes Carta Europea turismo sostenibile Fase II.   Il valore delle certificazioni ambientali per la tua impresa   Un sistema di gestione è efficace in quanto aggiunge valore al business. Consente di individuare le aree critiche all’interno dell’azienda, avere un accesso privilegiato al mercato, essere conformi a specifici requisiti di legge, stare al passo con la globalizzazione che richiede processi sempre più sofisticati, trasparenti. Inoltre le certificazioni, come la ISO 50001, permettono di poter accedere a più agevolazioni e contributi, quindi è necessario stare al passo con i tempi per beneficiare degli incentivi e delle iniziative promosse dallo Stato.   Sostenibilità ambientale, digitalizzazione e responsabilità sociale rappresentano le garanzie del futuro, e questo vale per le aziende di qualsiasi settore. Ecco perché diviene fondamentale costruire o potenziare l’anima green aziendale.   Il nostro team può accompagnarti lungo il percorso della sostenibilità. Compila il form per saperne di più.

Recovery plan: la parte green del piano di ripresa nazionale

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Questo contenuto è stato aggiornato in data 19/05/2021    Il Piano per la Ripresa e la Resilienza dell’Italia è pronto; la fetta più grande delle risorse finanziarie disponibili spetta alla rivoluzione verde. Ecco come verrà speso il denaro del recovery fund, tra rinnovabili, efficientamento energetico di edifici, agricoltura sostenibile, idrogeno e molto altro.   Piano Ripresa e Resilienza: come spenderà l’Italia i fondi dell’UE?   La crisi socio-economica generata dal Covid-19 non è ancora passata, ma l’Italia presenta a Bruxelles il programma di interventi per favorire la ripresa della nazione. Con il Piano Nazionale Ripresa e Resilienza (PNRR) l’Italia mostra all’Unione in che modo intende spendere il denaro del recovery fund in arrivo da Bruxelles. La Commissione europea vuole rimettere in sesto il continente, renderlo più verde, più digitale e soprattutto più forte di fronte alle sfide del futuro.   Obiettivo carbon neutrality: c’è ancora tanto da fare   “La transizione ecologica sarà la base del nuovo modello economico e sociale di sviluppo su scala globale, in linea con l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite. Per avviarla sarà necessario, in primo luogo, ridurre drasticamente   le emissioni di gas clima-alteranti . . .”     Tra il 1990 e il 2018 in Italia le emissioni di gas serra si sono ridotte del 17%, passando da 516 a 428 milioni di tonnellate equivalenti. Per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 e gas clima alteranti definiti dal Green Deal Europeo (almeno il 55% entro il 2030 in confronto a quanto rilevato nel 1990), e insieme raggiungere la carbon neutrality entro il 2050, l’Italia necessita di tanti interventi e di una vasta gamma di risorse abilitanti.   In che modo il belpaese intende raggiungere il traguardo zero emissioni?   La missione rivoluzione verde e transizione ecologica   Il Recovery Plan – o PNRR Piano Nazionale Ripresa e Resilienza – si articola in 6 missioni: digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e coesione; salute. Il Dispositivo RRF (Recovery and Resilience Facility) garantisce all’Italia risorse per 191,5 miliardi di euro da impiegare nel periodo 2021- 2026. Di queste, 68,9 miliardi sono sovvenzioni a fondo perduto. Alla missione rivoluzione verde e transizione ecologica sono destinati ben 59,47 miliardi di euro, così suddivisi:   Economia circolare e agricoltura sostenibile (5,27 miliardi) Tutela del territorio e della risorsa idrica (15,06 miliardi) Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici (15,36 miliardi) Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile (23,78 miliardi)   La transizione ecologica e lo sviluppo sostenibile del paese dipenderanno fortemente dalle misure e dalle riforme che l’Italia ha pensato per queste quattro componenti. Gli obiettivi sono: ridurre la domanda di energia, aumentare la quota di energia rinnovabile nel mix energetico, produrre e sperimentare gli impieghi dell’idrogeno e aumentare la capacità di assorbimento della CO2 del paese.   Economia circolare e agricoltura sostenibile Su questo fronte il piano prevede due linee di azione: da una parte c’è l’agricoltura sostenibile, con iniziative per aumentare la competitività delle imprese del comparto, migliorare le loro prestazioni climatico-ambientali (anche attraverso la riqualificazione energetica degli immobili ad uso produttivo) e per aumentare la capacità logistica del settore agricolo italiano.   L’altra linea d’azione interessa, invece, l’economia circolare e la gestione dei rifiuti. L’Italia merita di più, pertanto, si mira a: ridurre il gap impiantistico della filiera del riciclo attraverso l’ammodernamento degli impianti esistenti e la realizzazione di nuovi adatti al trattamento meccanico biologico (RMB) dei rifiuti, e ad aumentare il tasso di circolarità della nazione, per arrivare a produrre partendo dagli scarti.   Tutela del territorio e della risorsa idrica La bellezza e la ricchezza della nostra Terra vanno protette con ogni intervento possibile. Con il PNRR, l’Italia prevede quindi di agire per mitigare il dissesto idrogeologico, introdurre misure di forestazione e tutela dei boschi, avanzare con gli invasi e adoperarsi per la manutenzione del territorio e degli impianti.   Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici: tocca al superbonus   I 29,35 miliardi di euro che l’Italia intende spendere in questo comparto saranno suddivisi per la realizzazione di due programmi: uno che interessa l’efficientamento energetico e la messa in sicurezza degli edifici pubblici, tra cui ospedali, scuole, ecc.; l’altro che riguarda l’efficientamento energetico del patrimonio immobiliare privato. In quest’ultimo campo l’incentivo del superbonus al 110% confermato con la nuova Legge di Bilancio fino al 2022 gioca un ruolo fondamentale.   Il superbonus è una misura che ha riscosso il favore di tutti, forze politiche, imprenditoriali e sociali perché permette di fare una serie di lavori a costo zero, a vantaggio dei singoli, delle imprese e della nazione.   Un mix energetico sostenibile: rinnovabili e idrogeno   L’aumento della quota di energia rinnovabile permetterebbe all’Italia di conseguire presto il passaggio dalle fonti fossili a quelle sostenibili. Per rendere tutto questo possibile, con il Piano Nazionale Ripresa e Resilienza, lo Stato s’impegna a mettere a disposizione contributi e finanziamenti per raggiungere importanti traguardi:   Sviluppare parchi eolici e fotovoltaici onshore ed offshore; Potenziare la filiera industriale: in particolare per la creazione di pannelli fotovoltaici di nuova generazione e la realizzazione di turbine eoliche ad alta efficienza; Favorire la crescita e la connessione delle infrastrutture.   Inoltre, in questo ambito, lo Stato intende agire mediante riforme interessanti che riguardano:   Le rinnovabili: semplificare le procedure per l’ottenimento delle autorizzazioni per gli impianti di rinnovabili offshore e onshore e definire un nuovo piano giuridico; Il biogas: regolamentare l’imposizione di quote obbligatorie di rilascio di biogas a produttori e importatori di gas naturale e introdurre una riforma per l’uso di biogas in ambito industriale, commerciale e residenziale in sostituzione al gas naturale fossile; L’inquinamento dell’aria: allineare la legislazione nazionale con quella regionale e introdurre misure di accompagnamento per ridurre le emissioni inquinanti e per il relativo sistema di monitoraggio.   Una parte delle risorse del recovery fund l’Italia intende investirla nell’idrogeno. In attesa della strategia nazionale sull’idrogeno, con il PNRR lo Stato sceglie di darsi da fare per:  

Idrogeno verde: i progetti per lo sviluppo della filiera dell’idrogeno italiana

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Questo contenuto è stato aggiornato in data 18/03/2021   L’idrogeno è una valida risorsa per la decarbonizzazione dell’industria italiana. Lo sanno bene i firmatari del primo accordo italiano per la produzione di idrogeno nel comparto siderurgico ed ENEA, l’ente che guida il progetto per la realizzazione della prima hydrogen valley italiana.   L’idrogeno verde per produzioni a zero emissioni di CO2   “L’Italia può diventare un hub europeo e mediterraneo dell’idrogeno”.   Esordiva così il CEO di SNAM durante un’intervista lo scorso anno; un’affermazione che oggi suona quasi come il presagio di un evento epocale che riguarda proprio la nostra nazione.   L’idrogeno prodotto con l’energia rinnovabile prende il nome di idrogeno verde. Esso nasce dal processo di scomposizione delle molecole dell’acqua (elettrolisi) che avviene tramite un elettrolizzatore che separa l’ossigeno dall’idrogeno.   L’idrogeno “puro” che viene fuori dall’elettrolizzatore può diventare una grande risorsa per le industrie siderurgiche. In effetti, l’acciaio per essere prodotto necessita della riduzione degli ossidi di ferro. Basterebbe quindi utilizzare l’idrogeno al posto del carbone in uno dei processi di produzione dell’acciaio più convenzionali – la riduzione diretta – per ottenere acciaio “green”.   L’industria siderurgica italiana e l’acciaio green   Tenaris, Snam ed Edison hanno sottoscritto il primo accordo italiano per produrre idrogeno verde nell’acciaieria di Dalmine, in provincia di Bergamo. Il progetto prevede l’installazione di un elettrolizzatore da circa 20 MW per produrre idrogeno ed ossigeno, e introdurre gradualmente l’idrogeno verde al posto del gas naturale usato in alcuni processi di produzione.   L’accordo include anche la costituzione di un sito di stoccaggio per l’accumulo di idrogeno ad alta pressione e l’utilizzo dell’ossigeno – prodotto localmente mediante elettrolisi – all’interno del processo fusorio.   Il progetto si inserisce nell’ambito dell’iniziativa “Dalmine Zero Emissions” avviata da Tenaris insieme a Tenova Engineering & Construction, per introdurre l’idrogeno verde nella produzione dell’acciaio da forno elettrico e nelle altre lavorazioni dello stabilimento siderurgico di Dalmine.   L’unione tra le realtà che hanno siglato l’accordo consentirà all’industria siderurgica italiana di compiere un grande passo verso la transizione ecologica promossa dall’Europa. Ricordiamo, inoltre, che nel resto del mondo sono soltanto tre gli impianti siderurgici che producono idrogeno, alcuni ancora in fase di sperimentazione: in Australia, in Svezia e in Austria.   Transizione ecologica: partner di spessore per una svolta epocale   Tenaris S. A. è il più grande produttore e fornitore di tubi e servizi per l’esplorazione e la produzione di petrolio e gas a livello mondiale. Il gruppo ingloba la società Dalmine Spa, situata nell’omonima cittadina bergamasca e impegnata nella produzione di tubi in acciaio senza saldatura, componentistica auto e bombole. L’accordo firmato con Snam ed Edison permetterà al gruppo Tenaris Italia di ultimare l’ennesimo progetto avviato per migliorare la propria impronta climatica.   L’italiana Edison contribuirà mettendo a disposizione l’energia rinnovabile prodotta dai suoi impianti – essenziale per alimentare gli impianti di elettrolisi – e tutte le tecnologie di cui dispone. Snam, invece, fornirà le infrastrutture energetiche utili al trasporto dell’idrogeno, che – come alcuni sapranno – non è affatto semplice da spostare a causa della leggerezza della sua composizione. Finora la società ha sperimentato il trasporto dell’idrogeno immettendolo al 5% in forma gassosa nella rete del gas metano esistente, ma continua a sperimentare soluzioni per rendere quanto prima le proprie infrastrutture hydrogen friendly.   La prima hydrogen valley italiana prende forma con ENEA   Alle porte di Roma, presso il Centro Ricerche di Casaccia di ENEA, nascerà il primo polo di ricerca per lo sviluppo della filiera italiana dell’idrogeno. Il progetto – ideato con un fondo di investimento di 14 miliardi di euro – prevede la realizzazione di un insieme di infrastrutture hi-tech per sperimentare la produzione, il trasporto e l’utilizzo dell’idrogeno puntando su tecnologia, servizi e infrastrutture.   Mille ricercatori lavoreranno allo sviluppo di tutte le iniziative incluse nel progetto di ENEA, sfruttando laboratori, infrastrutture, una rete autonoma del gas e dell’energia elettrica, 200 edifici e servizi; il tutto in collaborazione di università, istituti di ricerca, associazioni ed imprese.   “Si tratta di una piattaforma polifunzionale, inclusiva, in cui ci occuperemo di idrogeno a 360 gradi, per accelerare ricerca e innovazione e mettere a disposizione dell’industria infrastrutture hi-tech per arrivare a colmare il gap fra scala di laboratorio e industriale”. Giorgio Graditi, Direttore del Dipartimento Tecnologie Energetiche e Fonti Rinnovabili dell’ENEA Le iniziative del primo incubatore tecnologico italiano per l’idrogeno   Con il progetto ENEA i ricercatori avranno modo di dedicarsi a più iniziative. È prevista la sperimentazione di nuove tecnologie per produrre idrogeno mediante l’uso di rifiuti (biomasse residuali) e di calore rinnovabile prodotto da impianti solari a concentrazione.   Altri studi riguarderanno l’applicazione del processo power-to-gas, per produrre idrogeno partendo dall’energia elettrica rinnovabile e tramite elettrolisi. Sarà creato un “idrogenodotto”, un locale dedicato al trasporto di idrogeno puro in pressione da impiegare in base alla domanda delle utenze e anche una stazione di rifornimento per veicoli ad idrogeno, bus, automobili e mezzi pesanti per il trasporto merci.   L’hydrogen valley rientra nella strategia sull’idrogeno di ENEA, finalizzata alla realizzazione di progetti per la decarbonizzazione dell’industria, specie di quella ad alta intensità energetica, dei trasporti su gomma e ferroviari.   L’idrogeno verde per conseguire gli obiettivi di decarbonizzazione europei   La Commissione Europea crede molto nel potere dell’idrogeno, in quanto vettore della decarbonizzazione. Nel mese di luglio 2020 ha, infatti, presentato la Strategia Europea sull’Idrogeno. L’idrogeno dovrà essere incluso tra le risorse del mix energetico europeo, aumentando dall’attuale 2% al 13-14%. La strategia prevede anche l’installazione di 6 GW di elettrolizzatori nel territorio dell’Unione entro il 2024 e 40 GW entro il 2030.   Consapevoli del grande potenziale dell’idrogeno, Germania, Paesi Bassi, Portogallo e Francia ne hanno inserito la produzione nei piani di ripresa nazionali; grazie all’accordo Tenaris, Snam ed Edison anche l’industria italiana concorre all’introduzione dell’idrogeno verde partendo dal comparto siderurgico.   Continua a seguire i nostri approfondimenti attraverso green point, la newsletter di Tecno.   Scrivi qui i tuoi dati.

Piano nazionale transizione 4.0: i crediti d’imposta del prossimo biennio

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Articolo aggiornato in data 23/01/2023   Nuovo anno, nuova Legge di Bilancio. La digitalizzazione delle imprese resta tra le priorità dello Stato, che conferma nuovamente il credito d’imposta Industria 4.0 a supporto delle realtà che intendono avviare un processo di innovazione all’interno della propria azienda. Negli anni passati questa misura ha subito diversi cambiamenti: la modifica delle aliquote, l’estensione dell’agevolazione al 2025 fino all’introduzione – nel 2022 – di un ulteriore agevolazione introdotta con il Decreto Aiuti. Vediamo ora quali cambiamenti la Legge di Bilancio 2023 apporta al credito d’imposta Industria 4.0. Credito d’imposta Industria 4.0: l’incentivo che incoraggia gli investimenti delle imprese Il credito d’imposta Industria 4.0 è un’agevolazione statale introdotta nel 2020 rivelatasi particolarmente sorprendente, data l’adesione delle tante imprese. In effetti, prima mediante il Piano nazionale Industria 4.0 e in seguito attraverso il Piano nazionale Transizione 4.0, il Governo ha voluto dare una spinta alla transizione digitale delle imprese italiane, sostenendo nel tempo una misura che ha facilitato l’implementazione di strumenti o beni tecnologicamente avanzati, ma anche macchinari, software e beni immateriali diversi. L’adozione dei cosiddetti beni strumentali materiali, immateriali, 4.0 o non tecnologicamente avanzati, permette di centrare esattamente le finalità perseguite dai piani nazionali approvati negli anni: digitalizzazione delle imprese, rafforzamento del Made in Italy, maggiore produttività e sostenibilità per le aziende italiane. Dal 2023 al 2025 le imprese possono continuare ad approfittare di questo importante incentivo per entrare in possesso di beni diversi, nel rispetto delle aliquote che chiariamo di seguito. Credito d’imposta beni strumentali nuovi materiali e immateriali Ai crediti d’imposta per beni strumentali nuovi materiali e immateriali possono accedere tutte le imprese residenti in Italia, incluse le stabili organizzazioni di aziende estere, indipendentemente dalla dimensione, dal settore di appartenenza o dalla forma giuridica. Tali sono utilizzabili esclusivamente in compensazione in tre quote annuali dello stesso importo. Per i beni strumentali materiali 4.0 (inclusi nell’allegato A della Legge n. 232/2016) il credito d’imposta è corrisposto secondo le seguenti aliquote: Aliquota del 20% per investimenti fino a 2,5 milioni di euro; Aliquota del 10% per investimenti oltre i 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro; Aliquota del 5% per investimenti oltre i 10 milioni di euro e fino a 20 milioni di euro.    In tutti i casi la Legge riconosce il credito d’imposta per beni strumentali materiali anche alle imprese che non completano l’investimento nell’arco dell’anno d’interesse, a condizione che entro il termine dello stesso anno l’ordine risulti accettato dal venditore, che l’acquirente abbia versato un acconto pari ad almeno il 20% del costo complessivo e che l’investimento si concluda entro il 30 giugno dell’anno successivo.   In merito a tale possibilità, la Legge di Bilancio 2023 ha previsto una proroga. In effetti, le imprese che hanno compiuto l’investimento nell’anno 2022 possono accedere all’agevolazione beneficiando delle più vantaggiose aliquote pari rispettivamente al 40, 20 e 10% e concludere l’investimento entro il 30 settembre 2023 (anziché il 30 giugno), purché sia l’ordine che l’acconto pari ad almeno il 20% risultino – rispettivamente accettato dal venditore e versato dall’acquirente – alla data del 30 dicembre 2022. Per i beni strumentali immateriali 4.0 (inclusi nell’allegato B della Legge n. 232/2016) il credito d’imposta è corrisposto, invece, secondo le seguenti aliquote: Aliquota del 20% per investimenti fino a 1 milione di euro per l’anno 2023; Aliquota del 15% per investimenti fino a 1 milione di euro per l’anno 2024; Aliquota del 10% per investimenti fino a 1 milione di euro per l’anno 2025.   Innovazione tecnologica, ricerca e sviluppo: gli altri crediti d’imposta   Oltre ai crediti d’imposta sopra menzionati, i piani nazionali prevedono ulteriori crediti d’imposta per andare incontro a più esigenze aziendali e favorire al contempo il raggiungimento degli obiettivi individuati.   Alle imprese che investono in progetti di ricerca e sviluppo (attività di ricerca fondamentale, industriale e sviluppo sperimentale) per il periodo dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2031 è riconosciuto un credito d’imposta pari al 10%, nel limite di spesa massimo annuale di 5 milioni di euro.   Al momento sembra che non siano più riconosciuti i crediti d’imposta per attività di formazione 4.0 e beni strumentali ordinari (beni non 4.0) previsti fino al 31 dicembre 2022.   È riconosciuto un credito d’imposta per le attività di innovazione tecnologica, finalizzate alla creazione di prodotti o processi di produzione nuovi o migliorati, pari al 10% fino al 31 dicembre 2023 e al 5% del costo dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2025, nel limite massimo di spesa annuale pari a 2 milioni di euro.   Infine, è riconosciuto un credito d’imposta per innovazione tecnologica 4.0 e green alle imprese che investono in attività finalizzate al raggiungimento di obiettivi di transizione ecologica o di innovazione tecnologica 4.0, mediante attività indirizzate alla realizzazione di prodotti o processi di produzione nuovi o sostanzialmente migliorati. In questo caso, lo Stato riconosce l’agevolazione in misura pari al 10% per l’anno 2023 e pari al 5% per i periodi successivi fino al 31 dicembre 2025, nel limite massimo di spesa annuale pari a 4 milioni di euro.   Investimenti in beni strumentali: le nostre soluzioni   Il nostro kontrolON è il sistema di monitoraggio industriale che consente alle imprese di accedere al credito d’imposta per beni materiali strumentali nuovi. Uno strumento efficace, che permette di controllare in tempo reale –  e anche tramite app gratuita – i dati di produzione, i consumi energetici degli impianti, di confrontare i kpi di settore e intervenire tempestivamente in caso di anomalie o guasti.   Approfitta dei crediti d’imposta per aumentare la competitività del tuo business. Per saperne di più, lasciaci i tuoi dati nel form sottostante; ti ricontatteremo.

Industria lattiero casearia: come e perché ridurre le emissioni di CO2

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Come abbassare l’impatto ambientale dei prodotti lattiero-caseari e delle aziende produttrici? Basta lasciarsi guidare da chi sa cosa fare. Conosciamo: gli impatti ambientali del settore, le best practice dei brand italiani, perché è fondamentale partire dalla misurazione delle emissioni di gas nocivi e come agire per il bene dell’azienda e dell’ambiente.   La filiera del latte in Europa   Secondo i dati riportati nell’inchiesta sulla filiera del latte in Italia e in Europa datata dicembre 2019 (European Consumers – L’Associazione delle associazioni), il continente europeo è il principale produttore mondiale di latte, seguito da India, Cina, Pakistan, Russia, Brasile e Nuova Zelanda. Nell’ambito degli scambi internazionali l’Europa è il 1° esportatore di formaggi, principalmente richiesti da Russia, Giappone e Stati Uniti.   Tra tutti gli Stati europei la nostra nazione sembra avere un ruolo di spicco. La produzione di latte delle aziende italiane è pari a 12.916.400 tonnellate, sono ben 50 i formaggi DOP prodotti in Italia e siamo tra le principali nazioni esportatrici di formaggi e latticini dell’Unione, dopo Germania, Francia e Paesi Bassi.   Ciò che distingue da sempre il Made in Italy, anche nel settore alimentare e precisamente in quello lattiero-caseario, è la qualità dei nostri prodotti; non è un caso, infatti, che essi siano tra i più contraffatti al mondo.   Gli impatti ambientali del settore lattiero-caseario   L’impatto ambientale dei prodotti alimentari può essere calcolato con diverse impronte, tra cui la carbon footprint. Mediante il calcolo della carbon footprint è possibile individuare il quantitativo di emissioni di anidride carbonica proveniente dalle attività aziendali (produzione, trasporto, ecc.), ma anche quelle che derivano da ogni singola fase del ciclo di vita del prodotto (estrazione delle materie prime, trasformazione, produzione, distribuzione, consumo e smaltimento finale).   Il settore agricolo è oggi responsabile del 10-12% delle emissioni globali di gas serra, una quota che è destinata a crescere. Un’azienda agricola deve fare i conti con emissioni di gas nocivi di natura diversa. Le emissioni di anidride carbonica (CO2) derivano sostanzialmente dall’uso di energia elettrica e carburante impiegati per la tenuta della stalla, dell’eventuale impianto di produzione e dell’intera struttura aziendale. Ci sono poi le emissioni di metano, dovute all’allevamento del bovino del latte; quelle di protossido di azoto, potente gas rilasciato in atmosfera dal letame e c’è anche l’ammoniaca, le cui emissioni dipendono invece dalle deiezioni e dal processo di concimazione azotata dei campi.   Come ridurre le emissioni di gas nocivi delle imprese del settore   Lo step iniziale è sicuramente quello di avviare la misurazione della carbon footprint, per poi continuare con l’individuazione degli interventi da mettere in pratica per migliorare, laddove possibile, i processi e ridurre le emissioni di CO2. C’è chi sceglie di intervenire su singole parti del processo di produzione, proponendo magari un packaging sostenibile e chi invece decide di prendere parte a progetti di compensazione.   Tra i brand italiani che hanno scelto la prima strada ci sono Nonno Nanni e Valio. Lo storico brand Nonno Nanni ha provveduto al calcolo della carbon footprint per più prodotti: stracchino classico, robiola, ecc. Uno studio che ha considerato ogni parte della filiera produttiva, quindi le emissioni dirette generate dalla produzione del formaggio e quelle indirette derivate dalla produzione del latte in stalla. Avviate, poi, le operazioni di riduzione dell’impronta di carbonio, l’azienda ha conseguito la certificazione carbon footprint ed ora mira a risultati maggiori mediante l’uso di energia rinnovabile, di un cogeneratore, di un depuratore biologico e confezioni 100% riciclabili.   La cooperativa cremonese Latteria Sorresina, invece, è già da molti anni attiva sul tema della sostenibilità. Nel tempo è riuscita a ridurre di oltre il 40% i consumi di acqua, dell’8% quelli di energia elettrica, a ridurre del 15% i consumi di gas metano per la produzione di energia termica e del 10% le emissioni di CO2. Ora guarda avanti per un progetto ancora più aulico, volto alla riduzione di circa 2.500 tonnellate di CO2 l’anno mediante l’installazione di un impianto di cogenerazione.   Molte altre sono le imprese che hanno scelto di proporre un packaging sostenibile per ridurre le emissioni di CO2 relative all’imballaggio. La Latteria Soligo lancia un packaging rinnovato nel design e nei materiali utilizzati, con una composizione di carta e plastica di origine vegetale. Questa scelta le permetterà di ridurre del 31% la carbon footprint rispetto alle confezioni precedenti.   Scelta simile anche per Granarolo che opta per confezioni a base vegetale realizzate per l’87% con materiale proveniente da fonti rinnovabili; risultato: il 20% in meno di emissioni di CO2 rispetto a quelle delle vecchie confezioni.   Progetto Life TTGG: “I duri cominciano a giocare”   In questo caso i “duri” sono i formaggi, il Grana Padano e il Comté. Il Progetto Life The Tough Get Going è cofinanziato dal Programma europeo per l’ambiente e l’azione per il clima. Coinvolge 7 partner, ognuno con dei compiti specifici: Consorzio tutela Grana Padano, Politecnico di Milano, Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, oriGIn, Qualivita, Enersem e CNIEL.   Il primo obiettivo è quello di orientare le aziende del settore lattiero-caseario nel miglioramento dei processi produttivi. Il secondo è realizzare un software in grado di valutare l’impronta ambientale dei prodotti (Product Environmental Footprint – PEF).   Certificazione carbon footprint: i nostri esperti sanno cosa fare   Come hai potuto leggere nei paragrafi precedenti circa le scelte fatte da alcuni brand italiani, ogni azione di riduzione delle emissioni di CO2 e di altri gas nocivi parte dalla misurazione. Identificare le quantità, definire gli interventi e procedere alla certificazione.   Sei interessato a saperne di più sulla carbon footprint per migliorare le prestazioni ambientali della tua azienda e dei prodotti che offri?   Chiedi il supporto dei nostri esperti.

Tecno lancia green point: la newsletter dedicata alla sostenibilità ambientale

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Nasce Green Point, la nuova rubrica di Tecno. Una newsletter dedicata a chi intende ricevere approfondimenti gratuiti in tema di politiche, certificazioni, agevolazioni e tecnologie green. È tempo di avviare nuove strategie e finanziare progetti volti alla ripresa economica delle aziende, e in pochi sanno che la sostenibilità ambientale può contribuire al raggiungimento di questo obiettivo. Bisogna diffondere la cultura della sostenibilità e Tecno sceglie di condividere.   Green point: la rubrica dedicata alla sostenibilità   Arriva Green Point, la newsletter di Tecno dedicata ai temi della sostenibilità ambientale. Una rubrica tutta nuova, nata dal profondo desiderio del gruppo di diffondere la cultura della sostenibilità ambientale; di aiutare le aziende, le imprese, i partner e i manager a comprendere le enormi opportunità che la sostenibilità riserva a chi sceglie di agire per il bene dell’ambiente.   Oggi, infatti, le politiche europee – e quelle dei singoli Stati membri – favoriscono la digitalizzazione e la sostenibilità ambientale, perché in grado di guidare il passaggio ad un’economia sempre più green; capace di generare profitti senza danneggiare il pianeta.   Go green and save the planet: green point può aiutarti   Ogni dieci giorni, gli utenti iscritti alla newsletter ricevono un approfondimento gratuito; un contenuto utile per accrescere la propria conoscenza in tema di certificazioni ambientali e tecnologie green, ma anche per restare aggiornato su incentivi, agevolazioni e politiche da sfruttare per finanziare progetti e strategie di riqualificazione aziendale.   In questo primo appuntamento, ad esempio, abbiamo offerto ai destinatari della newsletter i risultati di ricerche e studi di settore che mostrano quanto la sostenibilità sia una strada sicura, sia per ridurre i costi aziendali, sia per aumentare i profitti a lungo termine.   Hai sentito parlare di certificazioni di sostenibilità, ma non sai di cosa si tratti? Vorresti approfondire la conoscenza sulla carbon footprint, scoprirne magari la differenza tra CF di prodotto e CF di organizzazione? Green point può aiutarti!   L’Italia deve ripartire e per farlo ha bisogno della lungimiranza delle imprese e delle aziende che la caratterizzano. Non “restare indietro”, scegli un percorso virtuoso.   Puoi inserire i tuoi dati nel form sottostante e cominciare a ricevere gli approfondimenti gratuiti di green point. Che aspetti?!

Efficienza energetica: dalle agevolazioni al simulatore GSE dei benefici conseguibili

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Numeri alla mano: i dati confermano che l’efficienza energetica fa bene ai cittadini e all’ambiente. La riqualificazione energetica degli edifici sia pubblici che privati è tra le priorità del PNIEC al 2030, sia per favorire la riduzione dei consumi di energia che per la riduzione delle emissioni di CO2. Oggi approfondiamo la conoscenza delle agevolazioni e dei fondi – presenti e futuri – che permettono alle imprese di accedere ai contributi resi a disposizione di chi intende investire nell’efficienza energetica.   Efficienza e risparmio energetico: gli effetti degli interventi sul patrimonio edilizio   Gli interventi di efficientamento e risparmio energetico a beneficio di immobili non residenziali generano numerosi e differenti vantaggi per il paese. A dimostrarlo è una recente ricerca fatta da Nomisma (società di consulenza strategica e aziendale) che mette nero su bianco i benefici correlati agli interventi di riqualificazione energetica: la crescita del PIL nazionale, il taglio di 934 mila tonnellate di emissioni di CO2, 870 mila posti di lavoro e ben 450 milioni di euro l’anno di risparmi energetici.   L’efficienza energetica è un’opportunità per tutti, per gli enti pubblici, per i privati, per le imprese che possono accedere ai tanti contributi messi a disposizione con misure e fondi presenti e futuri, come: il fondo nazionale per l’efficienza energetica, il superbonus, il conto termico, il recovery fund, ecc.   Le agevolazioni dedicate alle PMI interessate all’efficienza energetica   Le piccole e medie imprese italiane interessate agli investimenti in efficienza energetica possono contare su fondi e agevolazioni che, in questa sede, dividiamo tra presenti e future. Nella prima categoria troviamo, innanzitutto, il fondo nazionale per l’efficienza energetica, che include misure a supporto di:   Efficientamento di servizi e infrastrutture pubbliche Riqualificazione energetica di edifici Ampliamento e realizzazione di reti per il teleriscaldamento Riduzione dei consumi di energia nei processi industriali   C’è poi il Decreto FER1 che incentiva la produzione di energia da fonti rinnovabili (impianti eolici onshore, solari fotovoltaici, idroelettrici e gas derivati da processi di depurazione). E ancora i fondi strutturali europei previsti dal programma Por Fesr disponibili per alcune regioni, quali: Lazio, Veneto, Lombardia, Puglia, Emilia-Romagna e Piemonte.   Nella seconda categoria includiamo, invece, le risorse che saranno messe a disposizione per interventi di efficienza energetica con i fondi strutturali 2021-2027 e il Recovery Fund.   Il Piano Nazionale per la ripresa del paese – ancora in bozza – prevede, in effetti, una grossa fetta da dedicare alla Rivoluzione Verde e alla transizione ecologica.   Superbonus e Conto Termico: sostegni concreti in via di differimento   Tra le misure fortemente sostenute dal popolo e dagli enti pubblici c’è la maxi detrazione al 110% del superbonus. La scadenza di quest’agevolazione è stata prorogata al 31 dicembre 2022; una proroga spinta dagli innumerevoli benefici che l’agevolazione ha generato, come la nascita di nuove imprese. Basti pensare che ad oggi, solo nelle Marche, sono 53 le imprese edili di nuova e recentissima costituzione.   Intanto, ricordiamo che possono accedere al superbonus anche le imprese incaricate dello svolgimento dei lavori, quali installatori, imprese edili, ecc.   Il conto termico è un’altra importante agevolazione riconosciuta dal GSE in virtù degli interventi di efficienza e di riqualificazione energetica. A tal proposito è giusto ricordare che la legge n. 126 entrata in vigore il 13 ottobre 2020 (legge di conversione del cosiddetto Decreto Agosto) prevede il 100% delle spese ammissibili per il conto termico in favore di edifici pubblici ad uso scolastico e strutture ospedaliere.   Questa legge ha fornito importanti chiarimenti anche in tema di superbonus, in particolare ha: spiegato cosa s’intende per “accesso autonomo dall’esterno”, chiarito quali asseverazioni tecniche bisogna presentare in caso di interventi su parti comuni e fornito ulteriori dettagli circa l’approvazione dell’intervento in sede di assemblea condominiale.   ENEA e GSE: dai numeri al simulatore dei benefici conseguibili   In molti credono nei benefici promossi dagli interventi di efficientamento e risparmio energetico. Nell’ultimo rapporto annuale sulla certificazione energetica degli edifici, ENEA lascia parlare i numeri.   Nel periodo compreso tra il 2009 e il 2019 sono stati effettuati ben 39 miliardi di investimenti, 270.000 sono i posti di lavoro indiretti generati e la percentuale di edifici di alta prestazione energetica, dal 2016 al 2019, passa dal 7 al 10%.   Al fine di rendere ancora più palesi i benefici economici e ambientali derivabili, il GSE ha pubblicato online la piattaforma “Investimenti e simulatori” dedicata ai soggetti interessati agli interventi di efficienza energetica. Si tratta di tre simulatori: uno per le scuole, uno per i comuni e uno per le aziende turistico-ricettive.   I tre simulatori del GSE   Il simulatore dedicato alle scuole permette di verificare la riduzione dei consumi e delle emissioni di CO2 derivabili dagli interventi di sostituzione di impianti di riscaldamento obsoleti.   L’altro simulatore, quello dedicato alle amministrazioni locali interessate alla riqualificazione energetica dell’illuminazione pubblica, permetterà loro di calcolare i benefici economici e ambientali derivabili dall’ottenimento dei TEE, dalla riduzione dei consumi e dalla riduzione delle emissioni di CO2.   Infine, c’è il terzo simulatore, quello che il GSE mette a disposizione delle strutture turistico-ricettive che intendono riqualificare gli impianti di climatizzazione. Lo strumento permetterà di calcolare i benefici economici e ambientali correlati, il tempo di ritorno dell’investimento e – in caso di installazione di colonnine di ricarica per i veicoli di una possibile flotta elettrica – di ipotizzare l’eventuale risparmio di carburante e il beneficio ambientale.   Sei in cerca di un partner solido per vagliare la possibilità di investire nell’efficienza energetica e di accedere ai contributi pubblici?   Lascia i tuoi dati nel form sottostante e ti ricontatteremo per una prima consulenza gratuita.

Digitalizzazione e sostenibilità: processi virtuosi per la ripresa delle PMI

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La pandemia di Covid-19 ha modificato la scala delle priorità dell’Europa e degli Stati membri. Le politiche di contrasto al virus non hanno però declassato l’importanza che negli anni hanno acquisito la digitalizzazione e la sostenibilità. Oggi più di ieri queste sono le strade sicure per favorire la crescita del PIL nazionale e la ripresa delle PMI italiane. Ecco i perché.   Digitalizzazione e sostenibilità ambientale: leve di ripresa e di sviluppo per le PMI italiane   Se prima dell’emergenza sanitaria legata alla diffusione del Covid-19 la digitalizzazione e la sostenibilità rappresentavano due strade sicure per il successo aziendale, dopo la pandemia questi due approcci sono diventati gli unici sbocchi di resistenza.   Chi lo dice? Lo dimostrano le ricerche e gli studi che in questi mesi sono stati svolti da istituti di importanza mondiale, che spiegheremo nei prossimi paragrafi; ma lo dimostrano anche le strategie politiche che l’Europa e l’Italia hanno scelto di sostenere per i prossimi anni.   Perché avviare e accelerare il processo di digitalizzazione aziendale   Studi condotti da Unioncamere e ANPAL, durante i primi mesi dell’emergenza sanitaria, dimostrano che le imprese che avevano già avviato percorsi di digitalizzazione aziendale si sono mostrate più resilienti nel fronteggiare le difficoltà del lockdown. Chi aveva già adottato un piano volto all’integrazione di tecnologie innovative e digitali ha dichiarato di non aver subito perdite a seguito della prima fase dell’emergenza e di essere riusciti ad adattare l’organizzazione aziendale con rapidità e senza problemi.   Grazie alla digitalizzazione, i processi aziendali diventano più performanti; diviene più semplice acquisire e interpretare i dati e le informazioni, anche quelle relative al grado di soddisfacimento dei clienti. Quello della digitalizzazione è un processo che fa bene a tutti; aiuta i dipendenti a comunicare tra loro in maniera rapida ed efficace, ad interagire con i macchinari, monitorandone lo stato e intervenendo prontamente in caso di guasti o anomalie. E in favore di manager e dirigenti, l’uso di tecnologie innovative e digitali semplifica il processo di rilevazione delle informazioni e l’analisi dei budget.   La maturità digitale delle PMI italiane: un gap da colmare   Lo studio effettuato dall’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI del Politecnico di Milano dimostra che su un campione composto da 500 piccole e medie imprese solo il 34% può definirsi “digitally mature”. Un’azienda è “digitalmente matura” quando è consapevolmente pronta ad accogliere un processo di innovazione digitale, e in Italia, purtroppo, lo sono in poche.   Lo studio ha indagato su quattro macro aree di business: cultura e organizzazione per l’innovazione, digitalizzazione dei processi (sia principali che di supporto) e uso di tecnologie ad alto impatto innovative. Ebbene, l’11% del campione rientra nella categoria delle aziende che conoscono i vantaggi e le peculiarità di tali processi e sono in grado di divenire pienamente mature. Il 55% del campione restante, invece, è composto dal 23% delle aziende “digitally immature”, ossia carenti sotto ogni punto di vista per l’aspetto digitale, e dal 32% delle “process oriented”, chi ha compiuto passi in avanti su questo fronte, ma è poco interessato alle tecnologie innovative.   È chiaro che sono ancora troppe le PMI italiane che lavorano nell’inconsapevolezza delle potenzialità della digitalizzazione; un’arma che può giovare alla rinascita del business aziendale, favorire la crescita del PIL nazionale e ridurre il gap digitale esistente tra le PMI europee e quelle italiane.   Sostenibilità: i benefici per chi sceglie di divenire un’azienda virtuosa   Nel dicembre 2019, lo studio curato da Refinitiv – presentato in occasione della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici – mostrava che il 74% delle aziende italiane aveva adottato una strategia volta alla riduzione delle emissioni atmosferiche.   L’arrivo della pandemia ha posto però le aziende dinanzi a nuovi interrogativi: è giusto continuare ad investire su politiche green o sarebbe più opportuno spostare il capitale investito su soluzioni per la riduzione dei costi?   A distanza di qualche mese e alla luce delle strategie politiche, presenti e future, oggi siamo in grado di affermare che un’esigenza non può escludere l’altra.   Sostenibilità e riduzione dei costi: priorità che camminano insieme   È vero: le aziende ora devono fare i conti con la ripresa e avviare strategie per aumentare i profitti e ridurre i costi; ma la sostenibilità resta la linea più sicura per conseguire entrambi gli obiettivi.   La sostenibilità può generare liquidità; lo sanno bene le tante aziende che, anche grazie al nostro team, hanno scelto di cominciare un percorso di energy management. Un processo volto all’individuazione degli sprechi energetici per favorire la riduzione dei consumi e dei costi energetici aziendali. Soluzioni di questo tipo, assieme ad altre come la cogenerazione, permettono di migliorare l’impatto ambientale dell’azienda, consentendole così di accedere ad appalti, bandi ed agevolazioni statali.   Digitalizzazione e sostenibilità saranno le leve del 2021 e degli anni a venire.   Non fare tutto da solo. Scegli il supporto di un team affidabile e con esperienza.   Contattaci.

Digitalizzazione e Industria 4.0: Tecno è tra i fornitori accreditati

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Accedi ai bandi Industria 4.0 e ai voucher digitalizzazione grazie alla consulenza specialistica di Tecno.   Tecno è tra le aziende incluse negli elenchi fornitori regionali di Innoveneto e Digital Experience Center; promossi a supporto delle imprese interessate ai finanziamenti messi a bando dalle CCIAA locali per la digitalizzazione e l’innovazione dei processi aziendali.   Digitalizzazione e innovazione aziendale: Tecno tra i fornitori di tecnologie e servizi 4.0   Il gruppo Tecno è tra le aziende iscritte agli elenchi fornitori delle Regioni Veneto e Lombardia. Uno strumento di supporto messo a disposizione delle imprese locali mediante i portali Innoveneto e Digital Experience Center, al fine di orientare la scelta del partner a cui affidarsi per beneficiare dei finanziamenti messi a bando dalle Camere di Commercio regionali in ambito di Industria 4.0.   Affidandosi a Tecno, le imprese interessate all’accesso a bandi sull’innovazione e la digitalizzazione aziendale possono beneficiare della consulenza di una realtà solida e riconosciuta.   Catalogo o elenco dei fornitori: cos’è e perché è importante   Si tratta di un elenco realizzato dalle singole Regioni italiane, dedicato alla promozione e al sostegno di processi di innovazione, trasferimento tecnologico e digitalizzazione delle imprese.   L’elenco rappresenta un vero database; è composto da fornitori di servizi e tecnologie Industria 4.0 che può essere liberamente consultato dalle imprese/aziende locali per individuare il partner, l’organismo o la società a cui rivolgersi per ricevere una consulenza specialistica sui progetti tecnologici previsti dal Piano Industria 4.0.   Se l’intento delle imprese che si rivolgono ai PID (Punti Imprese Digitali) è dunque quello di accedere ai finanziamenti messi a bando dalle Camere di Commercio regionali, meglio approfittare dei vantaggi offerti dall’elenco dei fornitori.   Perché scegliere tra le aziende e gli operatori iscritti all’elenco fornitori?   Perché in questo modo i soggetti interessati hanno la possibilità di scegliere un partner valido e affidabile, in quanto accreditato in qualità di realtà specializzata nella fornitura di servizi e competenze altamente innovative.   Le soluzioni Tecno per l’innovazione e la digitalizzazione aziendale   Dal 1999 supportiamo le imprese interessate all’efficientamento e al monitoraggio energetico aziendale con progetti e soluzioni pratiche ed efficienti.   Siamo uno dei maggiori player del mercato nazionale, anche perché lavoriamo esclusivamente con esperti EGE qualificati e certificati, offrendo un servizio di consulenza specialistica che: comincia dall’ascolto delle esigenze del cliente, mira alla concretizzazione del processo/servizio scelto e si distingue per le attività di training e di assistenza offerte nel tempo.   Dal 2005 siamo accreditati presso ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, ex AEEG) in qualità di ESCo (Energy Service Company) e abbiamo un’anima green che da sempre ci differenzia dai competitor.   Cosa ti offriamo per accedere ai finanziamenti messi a bando dalle CCIAA?   Dopo aver dedicato anni di ricerca e di lavoro alla realizzazione di progetti per l’efficientamento energetico di processi, impianti ed edifici, oggi siamo in grado di offrire soluzioni efficaci per l’innovazione e la digitalizzazione delle imprese di qualsiasi settore:   Sistema hardware e software per il monitoraggio e la digitalizzazione degli impianti di produzione industriali; interconnesso e compatibile con il piano Industria 4.0 Sistema di Gestione dell’Energia ISO 50001 Tecnologie 4.0 per ottimizzare la gestione di impianti aziendali   Inoltre, per una migliore gestione dei sistemi informativi digitali e per favorire processi industriali efficienti e sostenibili, offriamo:   Energy management Certificazioni di prodotto e/o di organizzazione: Carbon Footprint ed EPD   Vuoi saperne di più? Compila il form, ti contatteremo per una consulenza gratuita e senza impegno.

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