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Water Footprint: cos’è l’impronta idrica di un’azienda?

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Come determinare l’impronta idrica del processo produttivo e ottenere la certificazione ISO 14046.   Competitività aziendale e sostenibilità del processo produttivo sono solo alcuni dei benefici legati alla determinazione della water footprint. Vediamo insieme di cosa si tratta e come misurare l’impronta idrica nel rispetto di quanto previsto dalla norma ISO di riferimento e secondo la metodologia LCA.   La risorsa idrica nei processi produttivi e aziendali   L’acqua è una delle risorse indispensabili del pianeta, una risorsa il cui consumo aumenta dell’1% ogni anno e che rischia di essere un bene in esaurimento.   Impiegata nel settore domestico – per un consumo pari al 10% del dato globale – e nel settore agricolo – circa il 70% del consumo mondiale – l’acqua risulta indispensabile anche per settori industriali e per organizzazioni impegnate nella realizzazione di prodotti e servizi.   L’acqua viene utilizzata per irrigare campi agricoli, per produrre energia elettrica e per dar vita a prodotti, processi e servizi; ma ci siamo mai chiesti qual è l’impatto ambientale di tale utilizzo?   È in questo panorama che si inseriscono concetti come contenuto di acqua virtuale e water footprint; elementi che – se relazionati alla storia produttiva o al ciclo di vita di un prodotto/servizio – e se misurati, aiutano ad aumentare le performance aziendali nel rispetto dell’ecosistema.   Virtual water content e water footprint   Il concetto di virtual water content si riferisce al contenuto virtuale di acqua dolce impiegato in ogni fase della realizzazione di un prodotto, processo o servizio. Un elemento che si differenzia dalla water footprint perché quest’ultima aggiunge alla definizione di VWC anche altri elementi, quali: la differenziazione delle acque impiegate, la localizzazione geografica della captazione delle risorse e il periodo in cui l’acqua viene utilizzata.   L’espressione water footprint sta per impronta idrica, ossia l’indicatore del consumo di acqua dolce, sia diretto che indiretto, da parte di un consumatore o di un produttore. Una definizione che compare per la prima volta nel 2002, perché formulata dal Prof. dell’università olandese di Twente, A.Y. Hoekstra, e che oggi sta attirando l’attenzione di molte realtà aziendali.   La water footprint assessment considera tre componenti:   Acqua blu: il prelievo di acque superficiali e sotterranee destinate a scopi agricoli, industriali o domestici. Rappresenta il volume delle acque dolci che non torna a monte, ossia nel punto del processo produttivo in cui è stata prelevata; Acqua verde: rappresenta il volume di acqua piovana usata durante la fase di produzione del prodotto/servizio che non contribuisce al ruscellamento superficiale; Acqua grigia: è il volume dell’inquinamento dell’acqua impiegata che incide in modo diverso sul ciclo idrogeologico.   Water footprint: cosa misura e cosa no   La determinazione della water footprint non ha nulla a che fare con il danno ambientale locale correlato all’uso di acqua, essendo questo legato all’individuazione di ulteriori fattori locali, funzionali e altre sorgenti inquinanti.   La water footprint misura la quantità di acqua dolce impiegata nell’intero ciclo di vita di un prodotto o servizio, tenendo conto anche dei consumi evaporati o incorporati e inquinati per unità di tempo.   È una misura volumetrica e fornisce un’indicazione sulla sostenibilità spazio temporale dell’acqua usata per fini antropici.   La determinazione della water footprint è vincolata alle seguenti fasi:   Quantificazione e localizzazione dell’impronta idrica del prodotto o del processo nel periodo di riferimento Valutazione della sostenibilità ambientale, sociale ed economica dell’impronta idrica individuata Definizione delle strategie volte alla riduzione dell’impronta idrica rilevata   Water footprint: tra norme ISO e metodo LCA   Per determinare l’impronta idrica di un ciclo produttivo o di un processo bisogna seguire le indicazioni contenute della norma ISO 14046 – “Environmental management water footprint principles, requirements and guidelines” – la quale individua: i principi, le linee guida per l’individuazione della WF di prodotti, processi e organizzazioni secondo la metodologia LCA.   Cos’è la LCA?   La Life Cycle Assessment è la metodologia usata a livello internazionale per definire la quantità dei carichi energetici e ambientali e gli impatti potenziali associati ad un prodotto, processo e attività durante il suo intero ciclo di vita.   Relazionata alla Water Footprint, questa metodologia consente di tracciare il volume di acqua dolce impiegato nella fase di prelievo della materia prima, passando per l’impiego della risorsa in ambito di produzione e distribuzione sul mercato, fino allo step dedicato allo smaltimento del prodotto e/o servizio.   Con il metodo LCA, applicato nel rispetto delle norme ISO 14040:2006 e 14044:2018, la determinazione dell’impronta idrica prevede:    La compilazione dell’inventario degli imput e degli output di un dato sistema La valutazione del potenziale impatto ambientale correlato a tali imput e output L’interpretazione dei risultati e il miglioramento dell’impronta idrica rilevata   Imprese e organizzazioni: perché misurare la water footprint?   Agire in favore di risorse naturali in riduzione e a beneficio dell’ambiente si traduce in opportunità imprenditoriali tangibili perché i consumatori premiano le aziende e le organizzazioni che sposano la causa ambientale. Misurando la WF è possibile inoltre:   Comprendere il consumo idrico diretto e indiretto legato all’organizzazione e/o alla produzione di prodotti Ottimizzare l’impronta idrica e ridurre l’impatto ambientale Migliorare la comunicazione aziendale sia interna che esterna Aumentare l’efficienza delle risorse Efficientare la gestione idrica aziendale considerando le prestazioni ambientali Migliorare la competitività e la sostenibilità del sistema produttivo   Le imprese che utilizzano la risorsa idrica nei loro processi produttivi e che intendono dimostrare il loro impegno a favore dell’ambiente possono conseguire la certificazione della water footprint.   Una certificazione da conseguire con il supporto di un team di esperti pronti a guidare i soggetti interessati nell’applicazione di tutte le disposizioni previste dalla ISO 14046 e ad effettuare la verifica di conformità dell’analisi, dei dati, dei calcoli eseguiti e a produrre la documentazione prevista dalla norma standard: relazione scritta dello studio LCA effettuato e dichiarazione riassuntiva dei risultati ottenuti.   Il team di Tecno è pronto a seguirti in questa nuova avventura, e tu?   Contattaci per saperne di più.

Riduci l’impatto ambientale con la Life Cycle Assessment e la carbon footprint

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La crescente consapevolezza di quanto sia importante l’impatto ambientale generato da prodotti e servizi nell’arco del loro intero ciclo di vita, ha reso necessario l’utilizzo di strumenti che non agiscono più solo sulle singole fasi di produzione, favorendo, così, la nascita di un nuovo approccio per la valutazione dell’impatto ambientale: Life Cycle Assessment. Un approccio innovativo, quello dell’LCA, che considera le fasi del processo produttivo come correlate e interdipendenti.   Inizialmente concepita solo per valutare l’impatto ambientale dei prodotti, ci si è resi poi conto di quanto fosse necessaria anche per tutti i servizi legati in qualche modo alla questione ambientale, come  ad esempio la gestione dei rifiuti.   Cosa vuol dire LCA?   LCA è l’acronimo di Life Cycle Assessment – Valutazione del Ciclo di Vita. Si tratta di uno strumento che analizza l’impatto ambientale di un prodotto, di un’attività o di un servizio in tutte le fasi del ciclo di vita: dalla culla alla tomba.   L’analisi riguarda la quantità delle risorse utilizzate nel ciclo di vita, quindi energia, materie prime, acqua, e la quantità di emissioni rilasciate nell’ambiente – nell’aria, nell’acqua, nel suolo.   Quali sono i processi presenti nel ciclo di vita del prodotto?   Prima di procedere all’analisi è necessario identificare i processi che rientrano nel ciclo di vita di un prodotto o servizio:   estrazione e fornitura delle materie prime utilizzate produzione imballaggio trasporto, ad esempio dal sito di produzione al punto vendita utilizzo da parte del consumatore smaltimento sia del prodotto sia del packaging   Le fasi dello studio LCA   Le fasi principali dell’analisi del ciclo di vita sono 4.   1. La prima fase è Goal and Scope Definition. Si definiscono gli obiettivi dell’analisi, il motivo per cui si procede all’analisi, si individuano il campo di applicazione e l’unità funzionale, intesa come prodotto/servizio;  si stabilisce il livello di dettaglio che si vuole ottenere nello studio, quindi la motivazione per cui si esegue l’LCA. Un’azienda, ad esempio, lo sceglie per migliorare le performance ambientali del prodotto.   2. La seconda fase è LCI – Life Cycle Inventory. L’analisi di inventario consiste nella descrizione di tutti i flussi sia di energia sia di materie prime ed emissioni che entrano ed escono dal sistema di produzione. Si crea quindi una banca dati di carichi ambientali, suddivisi in diretti, indiretti ed evitati. I carichi diretti sono strettamente correlati alle attività del sistema di produzione; i carichi indiretti provengono dai processi di produzione, dal trasporto, dai materiali e dall’energia utilizzata nel processo; i carichi evitati si riferiscono a materiali ed energia risparmiati, ad esempio tramite il riciclo.   3. La terza fase è LCIA – Life Cycle Impact Assessment. La valutazione degli impatti ambientali identifica come gli elementi inseriti nell’inventario incidono sull’ambiente e sull’uomo. Le fasi principali sono classificazione, caratterizzazione, normalizzazione e pesatura. Solo le prime due sono obbligatorie ai sensi della norma ISO 14040. Nella classificazione i dati identificati nell’inventario sono suddivisi in categorie di impatti ambientali, riconducibili a esaurimento delle risorse, salute umana e conservazione dell’ambiente; nella caratterizzazione sono quantificati gli impatti ambientali secondo alcuni indicatori: energia primaria richiesta nell’intero ciclo di vita primario, effetto serra causato dalle sostanze utilizzate, rifiuti solidi generati, etc.   4. La quarta fase è Life Cycle Interpretation. I risultati sono analizzati, così da far emergere quale fase del ciclo di vita causa maggior impatto ambientale, a cosa è dovuto e quali miglioramenti apportare.   Ciclo di vita: perché lo analizziamo?   Grazie all’analisi di ogni componente del prodotto, l’LCA permette di individuare quali sono le fasi maggiormente impattanti, che necessitano di interventi. L’obiettivo principale è ridurre l’impatto ambientale dei prodotti/servizi. Nello specifico:    identifica le opportunità di miglioramento dell’intero sistema di produzione; analizza i prodotti nella sua interezza, con attenzione particolare alle materie prime, all’innovazione e all’imballaggio; analizza le emissioni CO2 rilasciate in atmosfera dal prodotto/servizio.   L’analisi del ciclo di vita è uno strumento di supporto per la progettazione o la riprogettazione di prodotti che abbiano una maggiore sostenibilità ambientale. Inoltre, con i risultati ottenuti dall’LCA è possibile richiedere certificazioni e dimostrare la sostenibilità ambientale del prodotto.   I vantaggi dell’LCA   I produttori acquisiscono conoscenza dettagliata di ogni fase del processo produttivo e delle risorse impiegate. Ciò consente loro di attuare interventi migliorativi in grado di apportare riduzione dei costi e riduzione dell’impatto ambientale e garantire prodotti/servizi più sostenibili. Maggiore sostenibilità e rispetto per l’ambiente generano maggiore competitività aziendale e scelta consapevole da parte di clienti e consumatori per il servizio/prodotto offerto.   L’approccio LCA, inoltre, rappresenta la base per lo sviluppo di schemi di etichettatura ambientale, con particolare riferimento alla norma ISO 14040 e all’Ecolabel. Ecolabel è un’etichetta ecologica volontaria dell’Unione europea che contraddistingue prodotti e servizi caratterizzati da un ridotto impatto ambientale durante l’intero ciclo di vita.   From cradle to grave: riduci le emissioni di CO2 con la carbon footprint   Il riferimento normativo internazionale per eseguire l’LCA è rappresentato dalle norme ISO 14040 – Gestione ambientale. Valutazione del ciclo di vita, principi e quadro di riferimento – e ISO 14044 – Valutazione del ciclo di vita. Requisiti e Linee Guida.   La carbon footprint – impronta di carbonio – è uno strumento che misura le emissioni di gas serra correlate a prodotti o servizi. Si basa sulla metodologia LCA: analizza tutti i processi, dalla fase di produzione, fino allo smaltimento.   Grazie all’elaborazione della carbon footprint monitori la sostenibilità di ciò che immetti sul mercato, migliori la tua credibilità e il valore della tua azienda, sostenendo l’ambiente. La riduzione delle emissioni CO2 determina un miglioramento dell’efficienza energetica, delle risorse, quindi anche un risparmio economico.   Contattaci per saperne di più, non perdere questa opportunità!

L’evoluzione dell’efficienza energetica: dalla diagnosi energetica alla ISO 50001

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Nel percorso verso il raggiungimento dell’efficienza energetica entrano in gioco sia la diagnosi energetica, resa obbligatoria con il D. Lgs 102/2014, sia i sistemi di gestione dell’energia secondo la norma ISO 50001. Strumenti e sistemi che puntano alla riduzione dell’energia, all’ottimizzazione delle risorse e alla salvaguardia ambientale grazie alla riduzione delle emissioni CO2.   Cerchiamo quindi di capire l’evoluzione dell’efficienza energetica, ottenuta grazie alla diagnosi energetica e la disciplina che ne regola lo svolgimento, fino ad arrivare all’implementazione di un Sistema di Gestione dell’energia volontario, approfondendone i vantaggi per l’impresa e l’ambiente.   Obbligo diagnosi energetica: sai perchè?   Il Decreto Legislativo del 4 luglio 2014 n. 102 ha reso obbligatoria la diagnosi energetica per determinati soggetti. Lo scopo della sua elaborazione è fornire un’adeguata conoscenza dei consumi energetici all’interno di un edificio, un impianto industriale, un sito produttivo, etc. Grazie all’analisi di questi consumi è possibile individuare gli sprechi e le eventuali anomalie presenti, elaborando interventi migliorativi da attuare, quantificando opportunità di efficienza energetica, quindi risparmi economici ed energetici.   Inizialmente vista come un onere dalle aziende, la diagnosi energetica ha raggiunto negli anni la coscienza globale, grazie anche alle campagne di informazione e agli incentivi messi a disposizione dallo Stato, per la promozione dell’efficienza energetica.   Chi sono i soggetti obbligati alla diagnosi energetica?   I soggetti obbligati ad eseguire la diagnosi energetica sono le grandi imprese e le imprese a forte consumo di energia. Le grandi imprese sono quelle che soddisfano uno dei seguenti requisiti:   più di 250 dipendenti e un fatturato superiore a 50 milioni di euro; più di 250 dipendenti e un totale di bilancio annuo superiore a 43 milioni di euro; più di 250 dipendenti, un fatturato superiore a 50 milioni di euro e un totale di bilancio annuo superiore a 43 milioni di euro.   Le imprese a forte consumo di energia – imprese energivore – sono, invece, quelle che consumano almeno 2,4 GWh di energia, il cui rapporto tra costo effettivo dell’energia utilizzata e valore del fatturato non sia inferiore al 3%. Sono esonerate dall’obbligo le grandi imprese e le imprese energivore che adottano uno dei sistemi di gestione volontaria, quali, ad esempio Sistema di Gestione Ambientale ISO 14001, EMAS e Sistema di gestione dell’energia ISO 50001, comprendente un audit energetico conforme a quanto stabilito nell’allegato 2 del D. Lgs. 102/2014. Tali imprese hanno comunque l’obbligo di comunicare l’esito dell’audit energetico ad Enea.   Il contributo di Enea: dalla diagnosi energetica ai Sistemi di Gestione dell’energia   Enea, negli anni, ha messo in piedi una grande opera di sensibilizzazione, tramite linee guida nei vari settori, campionamento dei siti in imprese multi-sito, clusterizzazione, etc.   Si rivolge non solo alle imprese obbligate, ma anche alla pubblica amministrazione, diffondendo la conoscenza di strumenti quali diagnosi energetica e sistemi di gestione dell’energia, al fine di farne comprendere le potenzialità. Lo scopo di questi strumenti è aumentare la consapevolezza delle imprese sul livello di efficienza nell’uso dell’energia all’interno della propria struttura produttiva: raggiungere soluzioni che permettano di migliorare performance produttive ed economiche, quindi migliorare il livello di competitività.   Gli interventi delle imprese a favore dell’efficienza energetica   Dai Rapporti Annuali pubblicati da Enea, si è visto come gli interventi attuati a seguito di diagnosi energetica abbiano apportato miglioramenti in efficienza energetica offrendo benefici all’economia: risparmio sui costi, basse emissioni, sicurezza energetica, incremento della produttività e migliore integrazione con l’energia proveniente da fonti rinnovabili. Ma questo non basta. I consumi di energia a livello mondiale continuano a crescere contribuendo ad un’alta percentuale di produzione di gas serra, principale causa dei cambiamenti climatici.   Come ottenere un futuro sostenibile?   Il miglioramento dell’efficienza energetica – generazione, trasmissione, distribuzione, uso finale dell’energia – andrà a beneficio dell’ambiente:   migliorerà la qualità dell’aria, la salute pubblica, la sicurezza energetica; ridurrà le emissioni di gas a effetto serra, la dipendenza dall’importazione di energia da paesi extra Ue, i costi energetici per famiglie ed imprese; concorrerà ad alleviare la povertà energetica, un aumento della competitività, dei posti di lavoro e dell’attività in tutti i settori dell’economia, migliorando la qualità della vita.   Il 28 novembre 2018 la Commissione europea ha presentato la sua visione strategica a lungo termine rivolta ad un’economia prospera, moderna, competitiva e climaticamente neutra entro il 2050. Il quadro 2030 per il clima e l’energia comprende i seguenti obiettivi:   riduzione almeno del 40% delle emissioni di gas a effetto serra – rispetto ai livelli del 1990 una quota almeno del 32% di energia rinnovabile un miglioramento almeno del 32,5% dell’efficienza energetica.   Un obiettivo, quest’ultimo, da raggiungere collettivamente nell’Ue nel 2030, con una clausola di revisione al rialzo nel 2023 – già nel 2018 si è passati dal 27% al 32,5%.   Strategia Unione europea e ISO 50001: verso un obiettivo comune   L’ISO 50001 si pone l’obiettivo di aiutare le organizzazioni a definire una guida verso la responsabilità energetica, con una giusta distribuzione delle risorse a disposizione, allineandosi alla strategia integrata, in materia di energia e climate change, adottata dall’Unione europea. Introdurre un sistema di gestione dell’energia in ogni settore serve a garantire un risparmio energetico, in termini di risorse ma anche economici.   Sicuramente la sfida più grande è per le imprese, le quali ad oggi utilizzano ancora fonti fossili per la produzione di energia, che tra l’altro rappresentano un rischio per le aziende, essendo fonti esauribili e con prezzi imprevedibili. Per questo motivo nel 2011 è stato introdotto a livello globale un insieme di procedure finalizzate alla razionalizzazione dell’uso dell’energia: ISO 50001, che specifica i requisiti per creare, mantenere e migliorare un Sistema di Gestione dell’energia.   L’emergenza al cambiamento climatico è strettamente legata al risparmio energetico. L’implementazione del Sistema di Gestione dell’Energia ISO 50001 non è soltanto uno strumento utile ad ottenere risparmio economico, ma si configura come un modo di agire coscienzioso nel rispetto dell’ambiente, della società e delle attività di ogni individuo, in prospettiva di un futuro sostenibile.   Il futuro dell’energia è nell’ISO 50001   Migliorare la gestione dell’energia è

Carbon footprint: cos’è e perché è importante misurarla

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Sostenibilità ambientale, efficienza energetica e risparmio: i traguardi aziendali raggiungibili con la carbon footprint.   L’impronta di carbonio comincia a preoccupare le aziende italiane: di cosa si tratta? Come si misura? Perché è importante avviare un processo di carbon management in azienda? Scopriamo insieme le caratteristiche, il percorso e i benefici della carbon footprint.   Carbon footprint: dalla misurazione alla carbon communication   L’espressione carbon footprint tradotta letteralmente significa impronta di carbonio. Si tratta di una misurazione che sta interessando diverse aziende, spinte dal desiderio di entrare a far parte di un mercato economico sicuro, sostenibile e redditizio.   Misurare l’impronta di carbonio significa determinare la quantità esatta delle emissioni di gas serra di un prodotto o di un’organizzazione.   Per la realizzazione di un prodotto vengono compiute più operazioni, a partire dalla composizione delle sue materie prime fino alla fase del suo smaltimento. Lo stesso vale per le organizzazioni, che per svolgere la propria attività devono mettere in atto diversi processi operativi. Con la carbon footprint – che si tratti di un prodotto o di un’organizzazione – le attività compiute assumono un valore di CO2 eq (tonnellate di CO2 equivalenti).   Avviare le fasi della filiera della carbon footprint permette di mettere in moto un percorso di rafforzamento del proprio impegno ambientale. Un processo che comprende:   Una fase di misurazione: vengono applicate tutte le azioni utili a quantificare la carbon footprint del prodotto o dell’organizzazione. Con il valore totale dei gas esaminati – anidride carbonica, idrofluorocarburi, protossido d’azoto, metano, esafluoruro di zolfo e perfluorocarburi – viene realizzato l’inventario dei gas delle emissioni di gas serra; Una fase di riduzione dell’impronta: momento in cui tutte le scelte fatte trovano la loro applicazione pratica con l’audit energetica, l’ottimizzazione dei consumi e gli interventi di efficientamento energetico; Una fase di compensazione/neutralizzazione dei consumi: è il momento in cui le quantità di emissioni restanti vengono compensate attraverso azioni per il miglioramento dell’aria e del territorio; Una fase di rendicontazione e comunicazione: si tratta dello step finale, momento in cui tutto ciò che è stato compiuto viene documentato e promosso. Questa fase è fondamentale perché viene attuato ciò che in gergo si definisce green marketing: l’insieme delle operazioni compiute per rendere pubblico il proprio impegno sociale e ambientale.   ISO 14067: la norma internazionale per la carbon footprint del prodotto   Per determinare la carbon footprint di un prodotto le aziende possono contare sulla norma internazionale ISO 14067. Entrata in vigore il 20 agosto 2018 in sostituzione di altre norme precedenti, questa si definisce norma pur non essendo una regola obbligatoria. La ISO 14067 fa chiarezza sul calcolo del consumo di energia elettrica e contiene informazioni specifiche sulla quantificazione delle emissioni atmosferiche dei prodotti. Lo scopo di questa norma è quello di guidare i soggetti interessati alla determinazione della carbon footprint di un prodotto verso l’individuazione delle attività e dei fattori che intervengono sull’impronta di carbonio al fine di agire direttamente su di esse.   Carbon footprint di prodotto e di organizzazione a confronto   Il processo da adottare per la determinazione della carbon footprint di un prodotto differisce da quello previsto per l’individuazione dell’impronta di carbonio di un’organizzazione. Diverse sono le procedure e diverse anche le norme ISO da seguire. In quest’ultimo caso, infatti, ci si può affidare alla ISO 14064.   Sul sito della Convenzione delle Nazioni Unite per il Climate Change (UNFCCC) è possibile consultare l’inventario nazionale della carbon footprint. Aggiornato ogni anno, l’inventario contiene i valori delle emissioni di gas serra e degli assorbimenti delle azioni umane. Serve a confrontare i dati con quelli degli altri paesi della Convenzione, a identificare le misure utili per la riduzione delle emissioni e a generare un report con i metodi utilizzati.   Impronta di carbonio: una mappatura che fa bene all’azienda   Né l’accordo di Parigi – che sta a monte di tutte le azioni in favore del climate change – né l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile prevedono sanzioni per chi non si adegua ai programmi definiti per la protezione dell’ecosistema. Infatti, alcuni interventi di ottimizzazione dei consumi e le certificazioni ambientali non sono ancora obbligatorie. È il mercato che impone alle aziende di adeguarsi e a loro non resta che approfittare dei vantaggi delle policies green, di benefici che giovano sia all’ambiente sia al conto aziendale.   Perché la carbon footprint è importante? Perché all’identificazione dell’impronta di carbonio e all’applicazione della carbon management sono legati innumerevoli benefici che, per una questione di tangibilità, suddividiamo in materiali e immateriali:   Benefici materiali: Aumento delle chance e delle collaborazioni professionali: perché oggi vengono premiate le aziende che lavorano nel rispetto dell’ambiente. Quindi più collaborazioni equivalgono a più entrate economiche; Crescita delle entrate: i consumatori amano le imprese attente al tema della sostenibilità; Accesso alle agevolazioni fiscali: in Italia come in Europa esistono incentivi fiscali destinati alle aziende “ambientalmente meritevoli”.   Benefici immateriali: Maggiore consapevolezza delle performance ambientali dell’azienda Aumento della green reputation aziendale   CAM e codice degli appalti   Chi lavora con la pubblica amministrazione sa quanto sia importante tenere in considerazione i cosiddetti CAM. I criteri minimi ambientali sono requisiti, definiti per ogni fase di acquisto, volti ad individuare il prodotto o il servizio migliore sotto il profilo ambientale. La pubblica amministrazione è solita selezionare i propri fornitori secondo i criteri CAM, in quanto inseriti anche nel Codice degli Appalti, D. Lgs. 50/2016. Questo meccanismo fa leva sul mercato e spinge le aziende ad adottare processi produttivi sostenibili.   Tecno e carbon footprint: solo sostenibilità e profitti per i nostri clienti   Da 20 anni Tecno è al fianco delle imprese che vogliono ottimizzare il rendimento delle proprie performance energetiche prestando attenzione sia all’ambiente sia al proprio guadagno.   Ogni nostro intervento comincia con l’ascolto delle tue esigenze e termina solo quando il processo avviato è giunto al termine. Ti aiuteremo a capire le potenzialità della carbon management e ad individuare le azioni da compiere basandoci solo ed esclusivamente sulle tue priorità aziendali.   Compila il form per una prima

Blue Thinking, Blue Economy: il prezioso investimento Ue per azzerare le emissioni CO2

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Mari e oceani sono un’enorme fonte di energia rinnovabile. Le attività di sviluppo e i programmi di ricerca da parte della Commissione Ue si concentrano sulle tecnologie nel campo dell’energia oceanica per poter sfruttare le potenzialità delle maree, del moto ondoso, le differenze nella temperatura e nel livello di salinità.   Blue economy: quali sono gli obiettivi dell’Unione europea?   Con la Blue economy l’Ue si pone l’obiettivo di azzerare le emissioni CO2: contribuire alla crescita economica attraverso l’innovazione e l’utilizzo di fonti provenienti da energia rinnovabile e creare nuovi posti di lavoro.   Cos’è la Blue economy?   La Blue Economy riguarda tutte le attività economiche correlate agli oceani, ai mari e alle coste, prendendo in considerazione sia settori che ad oggi contribuiscono attivamente all’economia blu, sia settori emergenti e innovativi, cioè quelli che mostrano un elevato potenziale per lo sviluppo futuro. Lo sviluppo sostenibile è il punto di forza della Blue economy, che intende prendersi cura del patrimonio e delle riserve naturali esauribili, con una crescita economica nel rispetto dell’ambiente e dei suoi limiti.   Quali sono i settori che vi contribuiscono attualmente?   Estrazione e commercializzazione delle risorse della vita marina:   pesca, acquacoltura, lavorazione del pesce, commercio al dettaglio e all’ingrosso; estrazione marittima di petrolio e gas; attività portuali, tra cui movimentazione merci, trasporto e deposito; costruzioni navali; trasporto marittimo, come noleggio, leasing, trasporto costiero per i passeggeri; turismo costiero.   Settori emergenti: nuova energia, nuove tecnologie   Numerose organizzazioni all’interno dell’Ue sono impegnate nei settori emergenti, sia come fornitori di tecnologie, sia come gestori di miniere.   Energia proveniente dalle onde e dalle maree, produzione eolica off shore; Estrazione mineraria nei fondali marini: l’estrazione può garantire la sicurezza dell’approvvigionamento energetico; Biotecnologia: esplorare la biodiversità marina può aiutare a sviluppare nuovi farmaci e enzimi industriali. Si cerca di sfruttare tutte le potenzialità degli organismi marini per l’ambito medico, farmaceutico, alimentare e nella produzione di energia, specie l’energia da biomassa delle alghe. Non solo queste sono determinanti per la fotosintesi dei mari ma sono utilizzabili anche per la produzione di biofuel; Dissalazione: la rimozione del sale dalle acque marine ne consente l’impiego per uso alimentare ed industriale; Protezione ambientale: carbon capture & storage, cioè tecnologie e tecniche che consentono di catturare e ridurre le emissioni CO2; Sorveglianza marittima integrata: controlli alle frontiere, sicurezza, controllo della pesca, dogane, ambiente, difesa. Raccolta, condivisione e integrazione dei dati tra le autorità nazionali e dell’Ue, consentono alle attività di sorveglianza di risultare meno costose e più efficaci.   Una nuova economia sostenibile tra innovazione e paure   Il Commissario europeo per la pesca e gli affari marittimi – Karmenu Vella – sostiene che l’economia blu abbia un futuro promettente, grazie agli investimenti nell’innovazione e una gestione responsabile di aspetti ambientali, economici e sociali.   Nel 2017 l’Onu ha organizzato la prima Conferenza mondiale sugli oceani al termine della quale è stata sottoscritta la Dichiarazione “Our Ocean, Our Future: Call for Action” con cui 139 Paesi si sono impegnati ad adottare strategie a lungo termine per ridurre l’inquinamento marino, favorendo lo sviluppo di una nuova economia sostenibile, basata sugli oceani.   Un modello di business, inserito nell’economia circolare, che combatte contro l’inquinamento marino, la contaminazione delle acque da materie chimiche, la pesca illegale, i cambiamenti climatici, le aggressioni alle coste, gli ecosistemi marini e la presenza di rifiuti in mari ed oceani.   Gunter Pauli: Blue economy come sviluppo della Green economy   La Blue Economy viene definita dall’economista belga Gunter Pauli, come lo sviluppo della Green Economy, in quanto quest’ultima prevede la riduzione della CO2, mentre l’economia blu punta all’azzeramento della CO2.   Non solo innovazione tecnologica ma un vero modello di business ispirato al blue thinking: innovazione della trasformazione, attraverso la responsabilità ambientale e la valorizzazione delle risorse, evitando di produrre più di quanto sia necessario, così da non generare spreco di risorse e rifiuti non riciclabili o riutilizzabili; trovare nuove tecniche di produzione e migliorare quelle già esistenti.   Il potenziale dell’energia marina rinnovabile: il contributo dell’Ue   Gli oceani contribuiscono alla prosperità del nostro pianeta: producono investimenti, posti di lavoro, crescita economica, stimolano la competitività grazie all’innovazione tecnologica. L’utilizzo di energia marina rinnovabile, comprendente  sia l’energia eolica offshore, sia l’energia oceanica, rappresenta una risorsa preziosa e può contribuire agli obiettivi di decarbonizzazione dell’Europa posti per il 2050.   Gli Stati membri incoraggiano gli investimenti nelle tecnologie connesse alle energie rinnovabili, con sovvenzioni, aiuti alla ricerca. Nell’ambito dell’Alleanza europea per la ricerca nel settore dell’energia – EERA – è stato istituito un programma comune per l’energia oceanica, allo scopo di raggiungere la carbon neutrality entro il 2050.   Raggiungi la carbon neutrality: contribuisci alla riduzione delle emissioni CO2   Ogni attività quotidiana rilascia in atmosfera emissioni CO2 ed essere consapevoli di quanto sia necessario ridurle è il primo passo per poter affrontare un cambiamento nelle nostre attività che abitualmente svolgiamo – di produzione e consumo – e nell’utilizzo di determinati materiali così da introdurre sul mercato prodotti sostenibili.   La nostra azienda ti aiuta a percorrere la strada dello sviluppo sostenibile con servizi studiati appositamente per il tuo business.   Carbon footprint e ISO 50001: scegli percorsi sostenibili per la tua azienda   Grazie all’elaborazione della carbon footprint misuri la quantità di CO2 rilasciata in atmosfera. Una volta identificata ed analizzata possiamo attuare interventi in grado di ridurre drasticamente la CO2. Meno costi, meno sprechi, più competitività, più qualità. Ottieni la certificazione CFP grazie alla quale dimostri in modo chiaro il tuo contributo alla tutela dell’ambiente e delle risorse naturali.   ISO 50001 è un Sistema di Gestione dell’Energia grazie al quale la tua azienda ottiene un’importante riduzione del consumo di energia, di conseguenza si riducono anche le emissioni CO2, responsabili del cambiamento climatico e dell’inquinamento.   Risparmio energetico, inoltre, vuol dire maggiore competitività per la tua azienda e maggiore responsabilità ambientale grazie al miglioramento dell’efficienza energetica.   Scopri tutti i benefici per la tua azienda e per l’ambiente. Contattaci.

Guida alla plastic tax

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Questo contenuto è stato aggiornato in data 04/01/2022   I buoni propositi verso l’economia circolare: la plastic tax a breve entrerà in vigore. Conosciamo tutti i dettagli dell’imposta prevista dalla legge di bilancio 2020; scopriamo insieme cosa s’intende per prodotti MACSI e come accedere al credito d’imposta per l’adeguamento degli impianti.   Economia circolare e plastic tax MACSI: c’è relazione?   A seguito delle proposte e delle modifiche previste dalla prassi, il 27 dicembre 2019 è entrata in vigore la legge di bilancio 2020 (commi 634-658). Una norma che introduce nuove misure nel sistema fiscale italiano, tra cui la plastic tax.   Modificata più volte e seguita da numerose critiche, la plastic tax è un’imposta che i soggetti impegnati nella produzione di materie plastiche devono versare.   Il Governo chiarisce che con la plastic tax si vuole incoraggiare i produttori di materie plastiche a fare meglio e di più, al fine di favorire la transizione dall’economia lineare all’economia circolare. Incoraggiare, dunque, la nascita di un’economia che si distacca dal modello: prendi, produci, consuma e getta per passare ad un modello incentrato sull’intero ciclo di vita del prodotto, fino al suo riciclo e riutilizzo finale.   Plastic tax 2020: cos’è?   La parola MACSI, così come esposto nell’art. 634 del testo di legge, si riferisce ai manufatti di singolo impiego realizzati con materie plastiche – anche se in misura parziale – e usati per proteggere, contenere, manipolare o consegnare merci o prodotti alimentari. Possono avere forme diverse: fogli, strisce o pellicole e sono costituiti da polimeri organici sintetici. Rientrano in questa categoria:   I materiali realizzati con l’impiego di materie plastiche per la chiusura, la commercializzazione o la presentazione di MACSI o di manufatti realizzati con materie diverse; I semilavorati realizzati con materie plastiche e usati per la realizzazione di prodotti MACSI.   Sono esclusi da questa classificazione:   I materiali che sono stati ideati, prodotti e commercializzati per compiere diversi trasferimenti durante tutto il loro ciclo di vita o per essere riutilizzati per lo stesso scopo per il quale sono nati; I MACSI compostabili conformi alla norma UNI EN 13432; I dispositivi medici classificati dall’apposita commissione unica; I MACSI realizzati per proteggere preparati medicinali.   La plastic tax è pari a 0,45€ per ogni chilogrammo di materie plastiche contenute in prodotti MACSI.   Chi sono i soggetti obbligati?   L’imposizione della plastic tax nasce nel momento di produzione e di immissione al consumo di prodotti MACSI nel territorio italiano. Pertanto, i soggetti obbligati al versamento di questa tassa sono:   Il fabbricante italiano di prodotti MACSI; I consumatori privati e i soggetti che nell’esercizio dell’attività economica acquistano prodotti MACSI provenienti da altri paesi membri UE; L’importatore di prodotti MACSI provenienti da paesi terzi.   I produttori italiani che, in maniera diretta, cedono prodotti MACSI verso altri paesi membri UE non sono tenuti al pagamento dell’imposta. I soggetti non residenti in Italia interessati dall’obbligo di versamento della plastic tax possono rispettare la norma nominando un rappresentante fiscale.   Plastic tax: come pagare   Per versare la plastic tax i soggetti interessati devono presentare una dichiarazione all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Un documento nel quale vengono annotati tutti gli elementi utili all’accertamento dell’imposta. La dichiarazione va presentata entro la fine del mese successivo al trimestre a cui la stessa si riferisce ed entro lo stesso termine deve avvenire il pagamento.   Per i prodotti MACSI provenienti da altri paesi membri UE e acquistati da un consumatore privato, la dichiarazione va presentata dal cedente attraverso la nomina di un rappresentante fiscale.   Nella dichiarazione bisogna includere il dettaglio delle quantità di materie plastiche contenute nei prodotti MACSI utilizzati per realizzare altri manufatti di singolo impiego. Ciò al fine di consentire ai funzionari dell’Agenzia di eliminare dalla base imponibile la somma dei quantitativi per i quali è già stata versata l’imposta per intervento di altri soggetti.   Per gli importi inferiori o pari a 10€ i soggetti interessati dalla plastic tax non sono tenuti né al versamento né alla presentazione della dichiarazione all’Agenzia delle Dogane. Cosa succede poi? L’articolo 647 della legge di bilancio 2020 precisa che è compito dell’Agenzia delle Dogane verificare la veridicità di quanto dichiarato anche attraverso l’accesso diretto agli impianti di produzione.   Il pagamento della plastic tax non dovuto consente di accedere alla possibilità di recupero del denaro versato attraverso la richiesta di rimborso. Quest’ultimo ha retroattività pari a due anni e prevede un periodo di prescrizione per il recupero del credito pari a 5 anni.   Plastic tax Italia: quando entrerà in vigore?   In origine, la decorrenza della plastic tax era fissata al 1° giorno del secondo mese successivo alla data di pubblicazione del provvedimento interdirettoriale dell’Agenzia delle Entrate. In effetti, gli step scanditi dalla legge di bilancio 2020 prevedevano la pubblicazione di ulteriori due provvedimenti: uno da parte dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli per la definizione delle modalità di attuazione dell’imposta; l’altro dall’Agenzia delle Entrate per stabilire le modalità per l’eventuale scambio di informazioni tra la stessa e l’ente doganale.   Dato che questi provvedimenti mancano ancora all’appello e data la necessità di non aggravare ulteriormente la situazione finanziaria delle imprese, il Governo sceglie di prorogare ulteriormente l’entrata in vigore della plastic tax che, ad oggi, è fissata al 1° gennaio 2023.   Cosa rischia chi non versa la plastic tax?   Il mancato versamento della plastic tax viene punito con una sanzione dall’importo compreso tra il doppio e il decuplo di quanto dovuto, e comunque mai inferiore a 500€. Chi paga in ritardo rischia il pagamento di una sanzione pari al 30% dell’imposta dovuta. Mentre coloro che presentano la dichiarazione in ritardo all’Agenzia delle Dogane o che commettono altre violazioni legate all’imposta rischiano il pagamento di una multa che va da 500 a 5.000 €. Meglio fare attenzione, dunque, e adeguarsi quanto prima alle norme.   I crediti d’imposta per l’adeguamento degli impianti   Lo Stato riconosce un credito d’imposta a tutte le imprese attive nel settore delle materie plastiche e impegnate nella produzione

Sistema di monitoraggio energetico: il modo intelligente per ridurre i consumi e ottimizzare la produzione

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“Il segreto del cambiamento sta nel concentrare l’energia non nel combattere il vecchio, ma nel costruire il nuovo.” Il compito del monitoraggio energetico è pressappoco questo: trasformare l’energia in azioni costruttive. Le soluzioni raggiunte e le tecnologie utilizzate attraverso il monitoraggio elevano il business model dell’azienda apportando diversi vantaggi:   ottimizza l’uso dell’energia riduce i tempi connessi alla produttività industriale rende eco-sostenibile la produzione migliora le condizioni di lavoro diminuisce i costi di gestione e produzione   Dalla realtà industriale a quella ambientale: monitorare è un’esigenza   Negli ultimi anni è cresciuta l’esigenza di cambiare il mondo della produzione integrando le tecnologie digitali nei processi di produzione e gestione. Un progetto di sviluppo, quasi di rinascita, che parte dalla crescente consapevolezza di operare in modo sostenibile, riducendo l’utilizzo di energie provenienti da fonti fossili, sfruttando le rinnovabili. L’attenzione è particolarmente rivolta al risparmio energetico e al monitoraggio industriale, progettando soluzioni che agevolino le operazioni di monitoraggio dei consumi e incrementino l’efficienza energetica.   L’efficienza energetica rimane la pietra angolare della transizione verso un futuro energetico più pulito, sicuro e sostenibile.   La valutazione dei risparmi, il monitoraggio dei consumi e la verifica dei risultati sono strumenti indispensabili per garantire l’attuazione di misure politiche, in particolare per quanto riguarda gli obiettivi di efficienza a lungo termine. Come le aziende si allineano agli obiettivi dell’Ue La Strategia europea al 2030 si pone i seguenti obiettivi: riduzione almeno del 40% delle emissioni di gas a effetto serra; una quota almeno del 32% di energia rinnovabile; un miglioramento almeno del 32,5 % dell’efficienza energetica. Da questi obiettivi discende che le aziende devono ottimizzare la gestione dell’energia. Il Sistema di Gestione dell’Energia è un potente strumento: facilita il percorso delle imprese verso una gestione e una distribuzione efficiente delle risorse, apportando una maggiore competitività.  La ISO 50001 definisce i requisiti per un Sistema di Gestione dell’Energia – SGE. Efficienza energetica e monitoraggio energetico industriale Dal 2011 al 2018 le misure di efficienza energetica attuate hanno portato notevoli risparmi energetici raggiungendo circa il 67% degli obiettivi previsti dal PAEE – Piano d’Azione Nazionale per l’Efficienza Energetica – e dalla SEN – Strategia Energetica Nazionale – per il 2020. Le misure adottate hanno portato ad una riduzione sostanziale delle emissioni CO2. Questo – tra i vari risultati – è quanto emerge dal Rapporto Annuale 2019 sull’efficienza energetica. Cos’è un software di monitoraggio? I sistemi di monitoraggio sono alla base di tutte le analisi, perchè prendere decisioni su dove intervenire ai fini dell’efficientamento e misurare i risultati di questi progetti, offre la possibilità di fornire nell’immediato eventuali anomalie gestionali o guasti che fanno aumentare i consumi rispetto ai trend storici. Il software di monitoraggio permette di rilevare e gestire i consumi degli impianti, misurando i dati per poi elaborarli. L’analisi dei dati permette di segnalare eventuali criticità in tempo reale ed attuare le migliori soluzioni possibili, nel rispetto della produzione e della realtà aziendale. Chi può richiedere il servizio di monitoraggio energetico? Il servizio di monitoraggio energetico è rivolto a: Imprese energivore Imprese manifatturiere Grandi Imprese multisito Imprese del settore terziario   Conoscere i dati energetici di un’azienda non è utile solo all’azienda stessa, per ottimizzarne i processi, ma all’intero Paese. Che cosa ricevi aderendo al nostro servizio di monitoraggio? Studiamo la strategia di monitoraggio più opportuna a seguito di sopralluogo tecnico, analizziamo la aree di maggiore consumo e lo stato degli impianti; installiamo i misuratori e configuriamo la piattaforma cloud. Grazie al nostro servizio di monitoraggio ottieni una gestione multisito e il confronto tra banchmark interni e di settore, così che la tua competitività possa aumentare! Ti forniamo un report periodico contenente l’analisi dei dati dei tuoi consumi in tempo reale; inoltre, una valutazione tecnico-economica degli interventi necessari al raggiungimento della prestazione energetica. Ogni intervento è personalizzato in base alle esigenze della tua azienda. Il monitoraggio energetico ti consente di assolvere alla diagnosi energetica obbligatoria, prevista dal D. Lgs 102/2014; in alternativa ti permette di adottare un sistema di gestione conforme alla norma ISO 50001. Riduci i tuoi consumi di energia con un software innovativo Perché scegliere un software di monitoraggio per la tua azienda? Perché prevenire eventuali fermi o anomalie ti permette di ottimizzare i tempi di produzione e gestire al meglio sia la manutenzione ordinaria sia straordinaria. Monitorare un impianto consente di comprendere quali sono i consumi energetici e altri parametri significativi per la tua impresa. Con il sistema di monitoraggio hai sotto controllo le performance di ogni impianto o parte di essi. Non solo attuiamo azioni correttive che non sarebbero possibili senza misurazione, ma pianifichiamo e gestiamo interventi di efficientamento, in grado di migliorare le prestazioni della tua azienda, accrescerne i profitti, rendendola più competitiva. Inizia a risparmiare denaro, energia, lavoro. Contattaci ora.

Retrofit energetico e green building: il contributo all’edilizia sostenibile e alla riduzione CO2

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L’edilizia sostenibile è un modello di edilizia a basso impatto ambientale ed energetico. Riguarda sia edifici nuovi, sia edifici esistenti, i quali rappresentano il 40% del consumo totale di energia in Ue, di cui il 70% proveniente da edifici residenziali. L’obiettivo da raggiungere è il miglioramento delle prestazioni energetiche, specie per quelli già esistenti, inefficienti, che richiedono interventi di ristrutturazione e riqualificazione energetica. Il passaggio da edifici tradizionali ad edifici sostenibili è una necessità, non una scelta.   Quali sono i vantaggi di un edificio sostenibile?   riduzione della dipendenza dalle energie fossili, con orientamento alle fonti rinnovabili contenimento dei consumi energetici valorizzazione del mercato immobiliare riduzione delle emissioni CO2 responsabili del cambiamento climatico.   Secondo l’USGBC – US Green Building Council – gli edifici green incorporano design e pratiche costruttive in grado di ridurre significativamente l’impatto negativo degli edifici sull’ambiente e sulle persone che vi ci vivono.   Cos’è il retrofit energetico?   Il retrofit è un insieme di azioni attuate sull’edificio sia in termini strutturali sia impiantistici, allo scopo di ottenere benefici energetici e di comfort, riducendo i costi di realizzazione, gestione e manutenzione.   L’Unione europea lavora affinché siano creati i presupposti per un sistema energetico sostenibile, competitivo, decarbonizzato entro il 2050. Per rispettarlo, i Paesi membri devono dotarsi di misure finalizzate al raggiungimento dell’obiettivo, visto il quantitativo elevato di emissioni CO2 che derivano dal settore immobiliare.   L’osservatorio europeo del parco immobiliare – Eu Building Stock Observatory – ha individuato tre livelli di ristrutturazione, in base ai risparmi di energia primaria: leggera, media, profonda.   Cos’è il deep retrofit?   Con il termine deep retrofit si indica la ristrutturazione profonda di un edificio, in grado di elevarne le prestazioni energetiche, puntando all’obiettivo “energia quasi zero” o nZEB.   La ristrutturazione profonda è quella che consente miglioramenti significativi di efficienza energetica e riduzione di emissioni di gas a effetto serra. Dopo quest’intervento i consumi di energia dell’edificio si riducono notevolmente, fino a diventare quasi nulli.   Per poter parlare di deep retrofit è necessario che sia garantito almeno il 60% in meno di consumi energetici.   Deep retrofit, ristrutturazione e riqualificazione energetica: quali sono le differenze?   Il miglioramento delle prestazioni dell’edificio si ha con tutte e tre le tipologie, ma con il deep retrofit, avviene in modo più veloce e meno invasivo.   Inoltre, assumono un ruolo importante l’innovazione e l’industrializzazione dei processi. Un esempio di software utilizzato nel settore è il BIM – Building Information Modeling, per ottimizzare pianificazione, realizzazione e gestione degli edifici.   Il deep retrofit prevede un miglioramento della prestazione energetica dell’edificio. Punta al risparmio energetico, al comfort dei residenti; genera un miglioramento delle condizioni dell’edificio, riduzione di costi e consumi energetici, minor impatto ambientale.   La ristrutturazione riguarda operazioni mirate a trasformare l’edificio attraverso ripristino, sostituzione, eliminazione, inserimento o modifica di elementi e impianti.   La riqualificazione energetica si riferisce agli interventi in grado di elevare il livello di efficienza energetica degli edifici esistenti, riducendo il fabbisogno energetico per il riscaldamento, migliorando l’aspetto termico, ad esempio tramite coibentazione, installazione di pannelli solari, sostituzione di impianti di climatizzazione.   L’evoluzione degli nZEB in Italia   Dal 2021 tutti gli edifici, privati e pubblici, esistenti e nuovi, dovranno essere a consumo energia quasi zero, i cosiddetti nZEB – Near Zero Energy Building.   L’Osservatorio nazionale predisposto da Enea segnala quanto effettivamente stia aumentando il numero di nZEB, questo grazie anche all’intervento del BIM, in grado di fornire un importante contributo alla prestazione energetica. Questo strumento, tra l’altro, sarà obbligatorio dal 2025 per tutti gli edifici, grazie al Decreto Ministeriale 560 del 1 dicembre 2017.   Certificazione LEED per edifici eco-sostenibili   LEED è un programma di certificazione volontario che può essere applicato a qualsiasi tipo di edificio, sia commerciale sia residenziale. Si tratta di una certificazione a immobili ecosostenibili: riguarda l’intero ciclo di vita dell’edificio, dalla sua progettazione, fino alla costruzione.   L’approccio della LEED è orientato alla sostenibilità e riconosce le prestazioni degli edifici in settori quali risparmio energetico, idrico, riduzione delle emissioni CO2, miglioramento della qualità ecologica di materiali, risorse, interni dell’edificio.   In cosa consiste il programma?   Il sistema di certificazione LEED si basa sull’attribuzione di crediti riconosciuti dal Green Building Council. La somma dei crediti determina il livello di certificazione ottenuto. I livelli di certificazione ottenibili sono: Base, Argento, Oro, Platino. Le categorie che vanno studiate per il riconoscimento dei crediti sono:   Sostenibilità del sito Gestione efficiente dell’acqua Energia e ambiente Materiali e risorse Qualità dell’aria negli ambienti interni Progettazione e innovazione   Edilizia sostenibile: progetti a basso impatto ambientale   La certificazione LEED è uno strumento che offre procedure ed obiettivi chiari per progettare a basso impatto ambientale e coinvolge in modo inclusivo l’intera filiera: materiali, prodotti e sistemi.   Si tratta di una progettazione integrata da parte di tutti gli addetti ai lavori.   L’edilizia sostenibile considera 4 aree:   materiali: ottenuti mediante l’utilizzo di fonti rinnovabili; sono reperiti a livello locale per ridurre i costi di trasporto; sono riciclati da materiali di recupero. I materiali sostenibili sono valutati attraverso la procedura LCA in termini di energia incorporata, durata, riduzione dei rifiuti e capacità di essere riutilizzati o riciclati; energia: progettazione solare passiva, elevati livelli di isolamento, strutture a risparmio energetico possono ridurre drasticamente i costi di riscaldamento e raffrescamento; acqua: sistemi che riciclano l’acqua piovana per irrigazione o scarico dei wc, installazione di apparecchi idrici ad alta efficienza; salute: utilizzo di prodotti e materiali non tossici migliorano la qualità dell’aria e la salute dell’uomo.   Quali sono i vantaggi del Green Building?   Il Green Building apporta benefici a proprietari, inquilini ed ambiente.   Gli edifici verdi, infatti, accrescono il rendimento degli investimenti, comportano una riduzione della produzione dei rifiuti e del consumo di energia, hanno un tasso di occupazione più alto rispetto agli edifici tradizionali; ciò anche grazie al miglioramento della qualità dell’aria e del comfort degli spazi interni.   Inoltre, il concetto di green viene sempre più spesso integrato in regolamenti

Efficienza energetica e sostenibilità ambientale nella filiera agroalimentare italiana

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Il sistema agroalimentare rappresenta una realtà economica di primaria importanza non solo per i Paesi sviluppati, ma anche per quelli in via di sviluppo dove si concentrano le maggiori risorse di terra coltivabile.   L’Unione europea considera l’agricoltura un settore importante per il raggiungimento degli obiettivi del pacchetto Europeo Clima & Energia 20-20-20 : 20% di rinnovabili, 20% di risparmio energetico, 20% di riduzione CO2. La sostenibilità è un aspetto fondamentale non solo per le aziende medie e grandi, ma anche per le piccole imprese.   Quanto consumano le industrie agroalimentari?   Il settore agroalimentare differisce dagli altri comparti industriali per la molteplicità dei processi di lavorazione, la diversificazione dei prodotti e la quantità di energia utilizzata per produrli.   Vi contribuiscono anche le operazioni post processo: imballaggio e conservazione in atmosfera protetta, necessarie per la distribuzione degli alimenti da luoghi di produzione a distributori e consumatori. A livello mondiale il settore agroalimentare rappresenta il 32% dei consumi globali di energia.   Il maggior quantitativo di energia proviene dai processi produttivi – energia termica – e da impianti di produzione del freddo, compressori, macchinari per produzione e confezionamento – energia elettrica.   Energia, quanto mi costi?   Alla filiera agroalimentare viene attribuito circa il 30% del consumo totale di energia del pianeta e il 22% delle emissioni di gas climalteranti. Richiede energia in termini di combustibili fossili per i macchinari, fitosanitari per il controllo delle patologie vegetali e di fertilizzanti per la crescita e lo sviluppo di coltivazioni in campo e in serra, per la preparazione, la distribuzione e la conservazione degli alimenti.   Per contrastare i costi elevati dell’energia, quindi diminuire le emissioni CO2, è necessaria l’implementazione di tecnologie energetiche eco-compatibili in grado di ottimizzare l’efficienza energetica e la sostenibilità ambientale dell’impresa agricola.   Fortunatamente è in continuo aumento la consapevolezza che migliorare l’uso dell’energia all’interno delle proprie attività produttive significa anche migliorare la competitività sul mercato.   Enea: promozione dell’innovazione a sostegno dell’economia   Tra i compiti istituzionali di Enea vi sono la promozione e la diffusione dell’innovazione tecnologica nelle imprese, al fine di migliorare sostenibilità e competitività dei sistemi produttivi e territoriali.   Enea collabora con le imprese agroalimentari per lo sviluppo di modelli di produzione e consumo, a sostegno dell’economia, con un impiego efficiente delle risorse.   A tal proposito è nata l’iniziativa METROFOOD-RI, una nuova infrastruttura europea per lo sviluppo del sistema agroalimentare e la tutela dei consumatori, i cui obiettivi sono:   consentire lo sviluppo della ricerca e l’avanzamento delle conoscenze nei diversi ambiti connessi al settore agroalimentare; migliorare la produzione e l’espansione dei mercati; coniugare ed integrare strategie, investimenti, risorse nelle imprese.   Sviluppo sostenibile nel settore agroalimentare   Il sistema agroalimentare riunisce un insieme di attività ed un numero elevato di soggetti economici appartenenti al settore agricolo, all’industria di trasformazione e alla distribuzione, comprendente commercio all’ingrosso, al dettaglio e ristorazione.   Per poter raggiungere livelli di sicurezza e sostenibilità nel settore agroalimentare è necessario produrre limitando lo sfruttamento delle risorse naturali, quindi l’impatto sull’ambiente.   L’approvvigionamento responsabile è raggiungibile grazie alle seguenti azioni:   collaborazione tra aziende e contesto in cui operano: aumentare le cooperative agricole; sostenibilità lungo la catena di fornitura: prediligere fornitori impegnati nella riduzione della CO2; riduzione dello spreco alimentare: aumentare la consapevolezza sull’impatto dei rifiuti, migliorare le infrastrutture e diminuire i tempi di trasporto per evitare il deterioramento; investire in tecnologie pulite e innovazione per il settore.   Food wastage footprint: quanto pesa lo spreco alimentare?   In molti Paesi si assiste ancora al dilagante fenomeno dello spreco alimentare. Ma qual è il suo impatto ambientale? Più la filiera agroalimentare è lunga più aumenta il costo energetico, quindi l’inquinamento. Questo è uno dei motivi per cui si predilige la filiera corta “dal produttore al consumatore”.   Per quantificare l’impatto ambientale dello spreco alimentare bisogna analizzare non solo la fase produttiva ma l’intero ciclo di vita degli alimenti. Ciò è possibile grazie a 3 indicatori:   Carbon footprint: rappresenta e identifica le emissioni di gas serra responsabili del climate change; Water footprint: quantifica i consumi e le modalità di utilizzo delle risorse idriche; Ecological footprint: identifica la quantità di risorse naturali – mare, terra – necessarie a rigenerare le risorse consumate.   Iniziative contro lo spreco alimentare   In ambito europeo la prima iniziativa contro lo spreco alimentare si è svolta a Bruxelles nel 2010: “Transforming Food Waste into a resource” allo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’argomento. Durante la conferenza è stata redatta la “Dichiarazione congiunta contro lo spreco” con l’obiettivo di ridurre del 50% lo spreco alimentare entro il 2025 e stimolare la sensibilità e la consapevolezza dei consumatori.   Anche i ristoratori hanno compreso l’importanza di non sprecare cibo, attuando il progetto “Doggy Bag – Se avanzo mangiatemi”, grazie al quale i clienti del ristorante portano a casa ciò che non è stato consumato durante il pasto.   Soluzioni di efficienza energetica per la tua impresa   Quando parliamo di efficienza energetica ci riferiamo alla capacità di essere più sostenibili e di produrre di più consumando meno. L‘efficienza energetica è uno dei pilastri fondamentali per la crescita economica sostenibile.   Ottenere informazioni sulla quantità di energia consumata, quali e quanti impianti consumano maggiormente e perché, consente di ottimizzare le risorse, risparmiare tempo e costi. Individuare eventuali criticità e pianificare interventi di efficientamento sono soluzioni efficaci per migliorare il sistema produttivo.   Quali sono gli interventi da attuare per migliorare l’efficienza energetica?   Per migliorare l’efficienza energetica sono necessari interventi finalizzati alla riduzione e alla razionalizzazione dell’energia.   L’implementazione della norma ISO 50001 – Sistema di Gestione dell’Energia – e l’applicazione di sistemi di gestione ambientale o certificazione Emas sono significativamente importanti per il miglioramento dell’efficienza energetica nel sistema agroalimentare e per la riduzione dell’energia.   Crediamo nell’innovazione tecnologica, nelle responsabilità in ambito economico, sociale ed ecologico. Il nostro obiettivo è la tutela del clima e dell’ambiente, per questo ti proponiamo soluzioni ed interventi mirati alla riduzione dell’energia.   Affidati ai nostri esperti per un’analisi accurata dei

Turismo sostenibile: come raggiungere l’efficienza energetica nelle strutture ricettive

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Il turismo è tra i settori che sentono di più il concetto di sostenibilità ambientale e rivalutazione del territorio. Il concetto di turismo sostenibile si basa su tre principi correlati: etica, economia e ambiente. Si tratta di un insieme di scelte che non hanno impatto negativo, anzi favoriscono uno sviluppo economico durevole e contribuiscono al miglioramento della qualità della vita.   Turismo ed emissioni CO2: le migliori pratiche per ridurre l’inquinamento   Il turismo è tra le principali attività economiche del mondo, ma è anche tra le più inquinanti, a causa di problematiche ambientali, energetiche, dei sistemi di trasporto, di gestione delle risorse naturali e del territorio.   Abbiamo quindi da una parte il contributo allo sviluppo socio-economico del Paese e dall’altra l’impatto negativo che può avere sull’ambiente a causa delle emissioni CO2 derivanti dalle azioni connesse alle attività delle strutture ricettive.   Secondo il Cambridge Institute for Sustainability Leadership il turismo contribuisce al 5% delle emissioni di gas serra a livello globale, con aspettative di circa il 130% fino al 2035.   L’International Tourism Partnership ha evidenziato che l’industria alberghiera dovrebbe ridurre l’emissione di gas serra del 90% entro il 2050 per potersi adeguare all’Accordo di Parigi sul clima.   Ogni passo che si compie per la riduzione della CO2 ha quindi un peso determinante.   Come contenere gli impatti ambientali negativi?   Linee di intervento sono assolutamente necessarie per trasformare il turismo in turismo sostenibile:   Diminuzione sprechi alimentari Utilizzo responsabile dell’acqua Eliminazione della plastica e una corretta gestione dei rifiuti Uso consapevole dell’energia   I vantaggi del turismo sostenibile   Il turismo sostenibile non riguarda solo le mete turistiche, ma coinvolge anche le strutture ricettive che si impegnano a ridurre al minimo gli sprechi.   Cresce il numero di turisti che ricerca e apprezza strutture eco-friendly, ciò dovuto anche al cambiamento che ha subìto e continua a subire l’idea di viaggio per i consumatori, considerato sempre più come esperienza e avvicinamento al luogo, alla natura, alla conoscenza di prodotti locali e quindi all’attenzione per l’ambiente.   Il 2017 è stato l’anno internazionale del turismo sostenibile. Da una ricerca di Booking.com, nello stesso anno, emerge che oltre il 90% degli intervistati rivolge particolare attenzione alla sostenibilità della struttura ricettiva, informandosi, prima di partire, su quanto questa sia sostenibile.   Affinché si possa parlare di turismo sostenibile è necessario che siano attuati lavori alle strutture ricettive, in ambito di efficienza energetica – con isolamento, infissi, lighting, impianti meccanici ed elettrici – comfort climatico ed attuare una gestione idrica e dei rifiuti consapevole.   La green economy nel turismo sostenibile   La sostenibilità rappresenta un’opportunità non solo per gli operatori del turismo, ma anche per gli operatori dell’edilizia ricettiva.   Un approccio evolutivo che si basa sul concetto di green economy, implementando nuove tecnologie e attuando strategie imprenditoriali legate allo sviluppo sostenibile a partire dalla progettazione.   La Green Economy propone e valorizza l’efficacia e l’efficienza dell’utilizzo di prodotti più sostenibili, incrementando un’adeguata informazione ai consumatori in merito alle best practice da attuare nelle attività quotidiane per favorire sistemi di economia circolare.   Ogni azienda dovrebbe attuare strategie relative al Green Marketing:   progettazione e promozione di prodotti green attraverso l’ecolabel, cioè marchi di qualità ambientale; attuazione di tecnologie pulite in grado di risparmiare materie prime e risorse ambientali durante il processo produttivo. Strategie note in questo campo sono il Life Cycle Assessment – LCA – e il Sistema di Gestione Ambientale – SGA;   Le strategie di immagine e comunicazione, inoltre, mettono in risalto l’azienda facendo emergere l’impegno e le politiche ambientali intraprese.   ISO 50001: sostenibilità ed efficienza non solo per il turismo   Il modo più efficace per ridurre il costo dell’energia è la diminuzione degli sprechi. Come ridurre gli sprechi di energia? Attraverso l’implementazione di un sistema di monitoraggio che permette di controllare in modo continuo lo stato dei consumi nell’impianto. Conoscendo criticità e anomalie è possibile capire dove intervenire e quali miglioramenti apportare.   Con il Sistema di Gestione dell’Energia ISO 50001 intraprendi un percorso verso la sostenibilità ambientale, in quanto favorisce un uso più consapevole dell’energia.   Il nostro servizio di energy management ti consente di ottenere soluzioni vantaggiose per l’uso razionale dell’energia, rendendo maggiormente competitiva la tua impresa.   Contattaci per scoprire tutti i nostri servizi.

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