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Certificazione ISO 50001: vantaggi che vanno oltre l’ottimizzazione dei consumi

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Le innumerevoli possibilità che l’implementazione di un sistema di gestione dell’energia riserva alle aziende che mostrano il loro impegno ambientale.   L’azienda, l’impresa o l’organizzazione che implementa un sistema di gestione dell’energia ha la possibilità di ottimizzare i consumi, le prestazioni energetiche e ridurre i costi aziendali. Si tratta di un impegno per il bene dell’ambiente che, se certificato e conforme allo standard ISO, permette di ricavare ulteriori preziosi vantaggi.   Ottimizzare i consumi energetici aziendali con la ISO 50001   L’efficienza energetica è una materia che interessa sempre più la collettività. Non si tratta solo di una mera necessità aziendale, relativa alla definizione dei consumi energetici o alla riduzione dei costi. In questi anni i cambiamenti climatici e l’inquinamento atmosferico hanno catturato l’attenzione dell’opinione pubblica che, come ricordiamo, è caratterizzata dai cittadini e dunque da potenziali clienti.   Le aziende mirano a conseguire certificazioni ambientali per accedere a bandi o agevolazioni, mediante l’ottimizzazione dei consumi e delle prestazioni energetiche della propria organizzazione; il potenziale cliente punta, invece, a scegliere prodotti o servizi offerti da realtà attente alle problematiche ambientali, che sposano i principi di sostenibilità e che si impegnano facendo la propria parte per raggiungere gli obiettivi nazionali e comunitari in tema di efficienza energetica e riduzione delle emissioni di gas serra.   La certificazione ISO 50001, grazie ai suoi innumerevoli vantaggi, permette alle aziende – imprese o organizzazioni – che scelgono di ottenerla, di implementare un sistema di gestione dell’energia efficace e conforme a parametri internazionali.   ISO 50001: volontaria sì, ma indispensabile   Sebbene venga identificata come norma, la ISO 50001 non è una legge, bensì uno standard, una metodologia. Fa parte degli atti normativi che negli anni sono stati sviluppati in tema ambientale ed è – allo stesso modo- strutturata secondo il ciclo di Deming: DO – CHECK – ACT – PLAN.   Pubblicata per la prima volta nel 2011 e aggiornata nel 2018, la ISO 50001 può essere adottata da ogni tipo di azienda che intende attuare una strategia per efficientare i consumi di energia e relative prestazioni.   La norma ISO 50001 descrive il processo per definire, implementare e mantenere una politica energetica aziendale mediante l’adozione di un sistema efficace; capace nel tempo di ridurre e stabilizzare consumi energetici e relativi costi.   Sistema di Gestione e Sistema di Gestione dell’Energia   Il complesso di: azioni programmate e coordinate, procedure operative, sistemi di documentazione e di realizzazione – frutto di una struttura organizzativa – è un Sistema di Gestione.   Quando tutto questo viene legato all’energia, o meglio, alla gestione energetica, diventa un Sistema di Gestione dell’Energia. L’implementazione di un Sistema di Gestione dell’Energia in azienda permette di ottimizzare le prestazioni energetiche aziendali, ridurre i costi energetici e quelli di produzione e determinare un miglioramento continuo nell’uso e nella gestione dell’energia.   Certificazione ISO 50001: quali vantaggi per le aziende?   Riduzione di consumi energetici, emissioni e costi Chi ottiene la certificazione ISO 50001 ha l’opportunità di conseguire ottimi risultati in termini di risparmio di energia e di costi. La riduzione dei consumi energetici comporta una conseguente diminuzione delle emissioni di GHG e di sostanze nocive.   Rispetto delle norme ambientali L’impresa dimostra di rispettare le norme vigenti in materia ambientale; fattore che incide positivamente anche sull’immagine aziendale.   Accesso agevolato a bandi, agevolazioni e gare d’appalto Le aziende certificate ISO 50001 possono accedere a bandi e gare d’appalto pubbliche e/o private riservate a chi implementa un SGE conforme alla norma internazionale; è ancora attivo – ad esempio – il bando pubblicato dalla CCIAA di Cosenza con fondi a favore delle imprese certificate.   Esenzione dall’obbligo di diagnosi energetica A seguito della recente modifica al Decreto 102/2014, solo chi dispone di un Sistema di Gestione ISO 50001 è esentato dall’obbligo di diagnosi energetica.   Come prepararsi all’implementazione di un SGE ISO 50001   Il processo volto all’implementazione di un Sistema di Gestione ISO 50001 non è semplice; bisogna attenersi a quanto consiglia la norma di standardizzazione, dunque: nominare un capo progetto e indicare un auditor energetico, documentare ogni fase del progetto di implementazione – incluse quelle per la verifica legale e dei risultati – e predisporre un manuale di gestione dell’energia.   L’azienda che – a seguito dell’implementazione dell’SGE – vuole conseguire la certificazione ISO 50001 deve rivolgersi ad un ente accreditato presso l’ente nazionale di accreditamento e attendere l’esito delle verifiche.   La norma ISO 50001 prevede il raggiungimento di un miglioramento energetico continuo e costante. Per verificare che ciò si verifichi, l’azienda interessata dovrebbe acquisire un sistema di monitoraggio hardware e software; capace quindi sia di misurare i dati di consumo sia di mostrare – anche da remoto – i dati acquisiti.   Vuoi implementare un SGE ISO 50001? Lasciati guidare dai nostri esperti di energy management.   Ecco alcune delle attività incluse nel nostro servizio di energy management: Studio dei consumi aziendali e analisi dei processi Verifica del sistema di monitoraggio Elaborazione del manuale di gestione energetica Implementazione/integrazione dell’SGE Controllo dei contratti di fornitura energetica Formazione aziendale SGE   Non esitare, contattaci per saperne di più.

Monitoraggio energetico e cogenerazione per l’efficientamento di ospedali e strutture di ricovero

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Gli edifici sanitari, tra cui ospedali e case di cura, sono tra le strutture più energivore del settore terziario. La riqualificazione energetica è fondamentale, non solo per contribuire alla riduzione delle emissioni di gas serra, ma anche per ottimizzare prestazioni di strutture che, come l’emergenza Covid-19 ci ha mostrato, sono indispensabili.   Consumi ed efficienza energetica delle strutture ospedaliere   Secondo gli ultimi dati diffusi da Terna, nel biennio 2017-2018, i consumi elettrici dell’Italia risultano cresciuti dello 0,5%, passando da 301880,5 a 303443 GWh. L’aumento ha interessato specifici settori, quali: industriale (+ 0,7%) e terziario (+ 1,1%).   In questo scenario, il settore terziario sembra essere quello che preoccupa di più, anche perché risulta ultimo in tema di obiettivi di risparmio energetico previsti per il 2020 dal Piano d’Azione per l’Efficienza Energetica del 2017.   Oltre ad hotel e ristoranti, tra le strutture più energivore del settore terziario ci sono quelle sanitarie, come ospedali e case di cura. Il valore dei loro consumi energetici si differenzia in base agli ambienti presenti, perché ognuno richiede un’alimentazione differente. Pensiamo, ad esempio, alle strutture con laboratori e/o ambienti destinati alla ricerca scientifica: le apparecchiature biomediche presenti comportano un elevato consumo di energia, sia elettrica che termica; se dotati di spazi per la degenza o per la riabilitazione, i consumi energetici delle strutture sanitarie cambiano ancora e così via.   “Sono strutture complesse, possono essere composte da più di un edificio e sono caratterizzate da elevati consumi energetici”.   È quanto afferma il GSE (Gestore Servizi Energetici) e forse basterebbe questo per farci comprendere che è necessario provvedere alla riqualificazione energetica delle strutture sanitarie, al fine di renderle più efficienti e a basso impatto ambientale.   Ogni anno – in Italia – tra risorse pubbliche e private, la spesa per la sanità si aggira intorno ai 140 miliardi di euro (circa l’8% del PIL nazionale) e il costo dell’energia incide per il 5% sull’intero fatturato del mondo ospedaliero. È il momento di fare qualcosa.   Energia termica: un consumo pari ai 2/3 del consumo totale   Gran parte dei processi e delle attività delle strutture ospedaliere sono assicurate dall’energia termica: riscaldamento, ventilazione, acqua calda, fisioterapia, sterilizzazione e molto altro. Il consumo di energia termica rappresenta i 2/3 del totale dei consumi energetici complessivi.   Questo fabbisogno viene soddisfatto dai cosiddetti impianti HVAC – Heating, Ventilation and Air Conditioning – le cui condizioni devono essere sempre ottimali, al fine di soddisfare le necessità di pazienti, visitatori e soprattutto del personale ospedaliero. Ogni ambiente va adeguatamente alimentato: terapie intensive e sale operatorie avranno sicuramente bisogno di una qualità dell’aria migliore rispetto alle camere.   Riqualificare il consumo energetico delle strutture sanitarie   Per efficientare e ridurre i consumi energetici delle strutture sanitarie bisogna intervenire con attività di monitoraggio energetico e diagnosi. Si tratta di soluzioni in grado di: analizzare il consumo energetico presente, paragonarlo a parametri settoriali e individuare gli interventi necessari alla ridefinizione dei consumi e correggere eventuali anomalie. Verifica delle condizioni e interventi possono poi essere seguiti dall’implementazione di software di monitoraggio in grado di controllare, in real time e anche da remoto, le prestazioni energetiche e i consumi dell’intera struttura o di alcune sue parti.   Cogenerazione, fonti rinnovabili e interventi di coibentazione: ecco qualche soluzione   La cogenerazione è una tecnologia che consente la produzione combinata di energia elettrica e termica. Gli impianti di cogenerazione vanno alimentati con materiale combustibile (gas naturale, petrolio o biogas) per consentire ai generatori di produrre elettricità. In seguito, i dispositivi di recupero del calore agiscono catturando quanto prodotto dalla turbina o dal motore. Il calore catturato viene poi convertito in energia termica e sfruttato sotto forma di vapore o di acqua calda. Con la cogenerazione, il calore solitamente scartato diviene una risorsa.   Conviene implementare un impianto di cogenerazione? Dipende dai consumi della struttura. Per quelle che registrano un elevato consumo di energia sia termica che elettrica sicuramente conviene. Inoltre, più i tempi di utilizzo dell’impianto di cogenerazione sono alti, più diminuiscono i tempi di ritorno dell’investimento (es. 8.000 ore di utilizzo all’anno, tempi di ritorno pari a 3 anni).   Fruire delle fonti rinnovabili per acquisire le risorse energetiche significa anche predisporre l’installazione di impianti fotovoltaici. Ma, come testimoniato da un recente sondaggio di Fire sottoposto agli Energy Manager delle strutture ospedaliere italiane, sono pochissime quelle che oggi presentano tali soluzioni.   Altrettanto importanti sono gli interventi sulla coibentazione dell’involucro degli edifici; l’isolamento di pareti e coperture o la sostituzione degli infissi sono solo alcuni degli interventi possibili capaci di ridurre il consumo energetico delle strutture ospedaliere.   Cogenerazione: vantaggi e incentivi   Tra i principali vantaggi della cogenerazione ci sono sicuramente: il risparmio energetico, il taglio dei consumi di energia primaria e la riduzione dell’impatto ambientale.   La produzione di energia combinata richiede un minor consumo di combustibile rispetto a quella separata. Si parla di un risparmio compreso tra il 10 ed il 30% e di una conseguente riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra.   L’implementazione di impianti di cogenerazione può essere supportata con meccanismi incentivanti come i Certificati Bianchi, riconosciuti agli impianti CAR (Cogenerazione ad Alto Rendimento).   ESCo ed Energy Manager per il benessere delle strutture sanitarie   La normativa italiana obbliga chi rileva un consumo di energia annuale superiore a 1000 tonnellate di petrolio equivalente alla nomina di un Energy Manager. Ciò riguarda anche le strutture sanitarie.   A tal proposito, chi vuole provvedere alla riqualificazione energetica di una struttura può avvalersi del supporto e dell’esperienza delle ESCo. Grazie all’aiuto dei nostri ingegneri e tecnici ambientali puoi agire con consapevolezza.   Proviamoci insieme.

Voucher digitali, piano transizione 4.0: il Governo finanzia la transizione digitale e l’impegno ambientale

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Questo contenuto è stato aggiornato in data 12/10/2021   La ripresa economica delle imprese italiane va supportata e lo Stato sceglie di farlo ponendo l’accento sull’innovazione tecnologica, la digitalizzazione e la sostenibilità ambientale. Il Made in Italy può davvero fare la differenza nel mercato internazionale, specie se supportato dalle numerose misure stanziate dallo Stato e dagli enti dedicati. Scopriamole insieme.   Piano transizione 4.0: gli incentivi che favoriscono l’innovazione aziendale   Con la firma del 26 maggio, il Ministro Patuanelli approva il decreto del Piano Transizione 4.0 per favorire il Made in Italy e sostenere le imprese italiane.   Il Piano transizione 4.0 mette a disposizione risorse finanziarie da distribuire in progetti volti ad innovare le imprese del territorio puntando sulla digitalizzazione, sulla formazione e sugli investimenti green. L’attuazione del decreto comporta l’approvazione di misure già previste nella legge di bilancio 2020, quali:   Il credito d’imposta per investimenti in beni strumentali, materiali e immateriali: per le imprese che intendono avviare una trasformazione digitale dei processi produttivi esistenti; Il credito d’imposta ricerca e sviluppo, innovazione e design: particolarmente interessante per chi vuole aumentare la propria competitività nell’ottica dell’economia circolare e della sostenibilità ambientale; Il credito d’imposta formazione 4.0: per chi vuole potenziare le conoscenze del personale in tema di industria 4.0 e trasformazione digitale.   Perché favorire la digitalizzazione aziendale?   Il Covid-19 ha stravolto l’economia del paese, ma ha anche fatto emergere i deficit delle nostre imprese. Chi non ha potuto lavorare perché provvisto di soluzioni abilitate allo smart working, deve ora correre ai ripari ed implementare strumenti e software capaci di monitorare, analizzare e lavorare da remoto.   Inoltre, chi davvero vuole aumentare la propria competitività deve implementare soluzioni internet of things; elementi che automatizzano il passaggio delle informazioni dalle macchine al personale e consentono di snellire attività e procedure lavorative.   Voucher digitalizzazione PMI: l’intervento delle Camere di Commercio   I prossimi mesi saranno caratterizzati da una serie di bandi volti a promuovere la digitalizzazione delle piccole e medie imprese italiane. I voucher digitali i4.0 stanno attirando, ad esempio, l’attenzione di molte realtà imprenditoriali.   Di cosa si tratta? Di voucher digitali messi a disposizione delle imprese italiane dai PID – Punti Impresa Digitali – per supportare l’acquisto di servizi di consulenza, formazione e tecnologie 4.0. Spetta alle Camere di Commercio territoriali pubblicare i bandi ed emettere i voucher; le stesse dettagliano le somme a disposizione e le scadenze. I bandi sposano gli intenti del piano industria / transizione 4.0, quindi possono essere sfruttati solo dalle imprese che scelgono di implementare soluzioni tecnologiche e digitali.   Chi può beneficiare dei voucher digitali? Le PMI e le MPMI (Micro piccole e medie imprese) residenti nello stato italiano; sia singole che in gruppo, perché aggregate in qualità di partecipanti ad un progetto comune.   Bando voucher digitali i4.0: un po’ di dettagli utili   Al fine di agevolare l’accesso delle imprese ai contributi stanziati con i voucher digitali 4.0, elenchiamo di seguito quelli attivi e di prossima scadenza:   CCIAA Trapani: scadenza 15/10/2021 CCIAA Benevento: scadenza 15/10/2021 CCIAA Avellino: scadenza 15/10/2021 CCIAA Ravenna: scadenza 25/10/2021 CCIAA Foggia: scadenza 30/10/2021 CCIAA Crotone: scadenza 10/11/2021 CCIAA Cuneo: scadenza 15/11/2021 CCIAA Treviso-Belluno: scadenza 30/11/2021   Gli imprenditori italiani interessati ai voucher digitali devono restare in allerta e consultare periodicamente i bandi emessi dalla Camera di Commercio di competenza.   Sostenibilità ambientale: i contributi stanziati che premiano l’impegno delle imprese   Le imprese che intendono potenziare il proprio business nel rispetto dell’ambiente possono approfittare dei contributi messi a bando per: finanziare l’implementazione di un Sistema di Gestione dell’Energia ISO 50001, conseguire certificazioni ambientali – come la EPD e la Carbon Footprint – oppure per supportare investimenti per attività di energy management (es. diagnosi energetica), incluse attività di consulenza.   A tal proposito, sono attivi i seguenti bandi:   Regione Valle d’Aosta: fino a data da definire Regione Emilia-Romagna (Fono Energia): scadenza 15/11/2021 Regione Lombardia (Bando efficienza energetica PMI 2021): scadenza differenziata per linea di intervento Regione Umbria (Bando “Energia”): scadenza 30/11/2021 Regione Marche (Bando efficienza energetica e rinnovabili): fino a data da definire Regione Lombardia: scadenza 31 marzo 2022 (esaurimento risorse per le provincie di: Bergamo, Como, Cremona, Lecco, Lodi, Milano, Monza Brianza, Pavia e Varese). É ancora possibile presentare domanda per le provincie di Brescia, Mantova e Sondrio;   È bene ricordare che chi sceglie di aumentare il volume dei propri affari seguendo percorsi sostenibili potrà sicuramente giovare dell’approvazione di stakeholder e consumatori.   Innovazione aziendale, digitalizzazione, sostenibilità ambientale? Lasciati guidare da Tecno   Vuoi potenziare la tua impresa con soluzioni innovative e digitali? Vuoi ottimizzare il rendimento energetico della tua impresa o conseguire certificazioni ambientali? Il nostro team – composto da ingegneri e tecnici ambientali – è pronto a mettere al tuo servizio le sue armi segrete: esperienza, competenza e professionalità.   Non perdere tempo! Approfitta dei contributi statali per ottimizzare il tuo business con Tecno. Compila il form che trovi in basso.

L’aggiornamento del Decreto 102/2014 diventa legge

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Cambia l’obbligo della diagnosi energetica: esenzione solo per chi dispone dell’SGE ISO 50001 e ulteriori sanzioni fino a 10.000 per i trasgressori.   È stato approvato il Decreto che recepisce la direttiva europea del 2018 sull’efficienza energetica. Come l’Europa, anche l’Italia dunque sposa il principio dell’efficienza energetica prima di tutto, esponendosi con incentivi, nuove proposte e apportando modifiche al D. Lgs. 102/2014.   Energy Efficiency Directive II: il decreto di recepimento è stato approvato   Il 7 luglio 2020 il Consiglio dei Ministri ha approvato – in via definitiva – il decreto che recepisce la direttiva 2018/2002/UE. Se quest’ultima agisce in modifica della direttiva precedente a proposito di efficienza energetica (direttiva 2012/27/UE), il decreto approvato provoca anche notevoli e importanti modifiche al D. Lgs. 102/2014.   Il nuovo Decreto è stato pubblicato sulla gazzetta ufficiale n. 175 del 15 luglio ed entrerà in vigore il prossimo 29 luglio 2020.   Efficienza energetica al primo posto: questo è il chiaro messaggio del decreto di recepimento, che sposa il principio europeo volto a sottolineare l’importanza dell’efficienza energetica e a promuoverne il miglioramento nelle realtà pubbliche e private della nazione.   Promozione e misure di sostegno: una strada tutta nuova per l’efficienza energetica delle PMI   Sono tante le misure di incentivazione promosse; è previsto, ad esempio, l’aggiornamento di due meccanismi per l’efficienza energetica particolarmente importanti: il conto termico e il meccanismo dei certificati bianchi.   Al fine di promuovere la riqualificazione energetica degli edifici della Pubblica Amministrazione (PREPAC) il decreto prevede un incremento di risorse finanziarie disponibili fino al 2030; passa infatti da 30 a 50 milioni annui la quota derivante dai proventi delle aste CO2.   Sono previsti, ancora, finanziamenti a fondo perduto nell’ambito del Fondo Nazionale per l’efficienza energetica e attese nuove misure di formazione e informazione, attraverso la modifica e il rinnovo fino al 2030 del Piano in materia di efficienza energetica.   Inoltre, con questo decreto, il Governo prolunga l’obbligo di risparmio energetico per il periodo compreso tra il 1° gennaio 2021 ed il 31 dicembre 2030. Questa misura mira a conseguire risparmi annui di energia finali, già fissati con il PNIEC, e pari almeno allo 0,8% dei consumi medi di energia finale del periodo compreso tra il 2016 ed il 2018.   Nuovi strumenti per la misurazione e la fatturazione dei consumi energetici   Il testo approvato dal Consiglio dei Ministri prevede nuove misure utili alla misurazione e alla fatturazione dei consumi energetici. Si tratta di strumenti quali contatori e sotto-contatori leggibili da remoto, previsti a partire dal 25 ottobre 2020.   Diagnosi energetiche: ecco come cambia il D. Lgs. 102/2014   Al fine di ridurre e ottimizzare i consumi energetici delle PMI italiane, la nuova misura normativa spinge verso l’adozione di sistemi e pratiche energeticamente efficienti, quali la diagnosi energetica e il Sistema di Gestione dell’Energia ISO 50001. Pertanto sono state varate nuove disposizioni che modificano parti del D. Lgs. 102/2014:   Non sono più considerate esenti dal’obbligo di diagnosi energetica le imprese dotate di schemi EMAS e di certificazioni ISO 14001, in quanto atti non rilevati ai fini energetici; Restano esenti dall’obbligo di diagnosi energetica: le grandi imprese con bassissimi consumi di energia e quelle caratterizzate da un Sistema di Gestione dell’Energia ISO 50001; Sono previsti diversi incentivi utili a supportare l’impegno di piccole e medie imprese che intendono effettuare la diagnosi energetica e/o implementare un Sistema ISO 50001.   Con il nuovo decreto vengono rafforzate anche le misure punitive verso i trasgressori, ossia le imprese obbligate che non effettuano la diagnosi energetica. Chi viola l’obbligo quadriennale rischia una sanzione amministrativa pecuniaria di importo compreso tra i 4.000 ed i 40.000 €. Chi effettua la diagnosi in modo non conforme alla norma rischia una sanzione da 2.000 a 20.000 €. Resta valido, per questi trasgressori, l’obbligo di diagnosi entro 90 giorni dalla data di ricezione del verbale. Oltre tale termine è prevista un’ulteriore sanzione da 1.500 a 15.000 €.   Da oggi però, le imprese che non effettuano la diagnosi energetica e che non dispongono di un Sistema di Gestione dell’Energia ISO 50001 rischiano un ulteriore sanzione dal valore compreso tra i 1.000 e i 10.000 €.   Come e perché implementare un Sistema di Gestione dell’Energia ISO 50001   Adottare un Sistema di Gestione dell’Energia ISO 50001 nella propria impresa significa favorire un uso consapevole dell’energia impiegata nei processi aziendali. Ciò consente di ridurre gli sprechi e al contempo i consumi e i costi energetici.   Il Sistema di Gestione dell’Energia sviluppato nel rispetto della norma internazionale ISO 50001 (ISO – Organismo Internazionale di Normazione) può essere implementato da qualsiasi tipo di azienda, indipendentemente dalla posizione geografica, dal settore di appartenenza, dalla dimensione o dall’entità di consumo.   Vorresti introdurre questo sistema di gestione consapevole dell’energia nella tua impresa, ma non sai come fare?   Contattaci compilando il form e riceverai l’assistenza personalizzata dei nostri esperti in efficienza energetica.   Sopralluoghi in sito Studio dei consumi aziendali e analisi dei processi Implementazione del sistema di monitoraggio Definizione degli interventi di miglioramento energetico Predisposizione delle attività utili al conseguimento della certificazione ISO 50001 Redazione del manuale di gestione energetica necessario per la certificazione Formazione aziendale per la conoscenza dell’SGE implementato   In questi casi, esperienza e professionalità fanno la differenza, sia ai fini dell’accesso agli incentivi statali messi a disposizione, sia per la riduzione dei consumi e dei costi energetici aziendali.

Gas fluorurati: prorogata la validità dei certificati

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I dettagli sulla circolare del MATTM e la normativa che disciplina i gas fluorurati.   Il Ministero dell’Ambiente aggiorna quanto dichiarato in precedenza riguardo la validità dei certificati per imprese e persone fisiche in materia di gas fluorurati. Approfondiamo la circolare dell’8 maggio e le azioni da compiere nel rispetto dei Regolamenti UE e le norme nazionali di riferimento.   Il MATTM e la proroga in materia di validità dei certificati FGAS   In data 8 maggio 2020 il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM) aggiorna quanto dichiarato nella circolare del 23 marzo 2020 (prot. n. 20460) e si pronuncia nuovamente in merito alla validità di certificazioni, attestati, permessi e altri atti relativi agli FGAS.   Con la nuova circolare il ministero chiarisce alcuni aspetti applicativi dell’articolo 103, comma 2, del Decreto Legge n. 18 del 17 marzo 2019. Quest’articolo è stato modificato in fase di conversione (Legge n. 27 del 24 aprile 2020) e disciplina la sospensione dei termini nei provvedimenti amministrativi e gli effetti degli atti amministrativi in scadenza.   Dunque, la circolare del MATTM annuncia che la validità dei certificati rilasciati ai sensi degli articoli 7 e 8 del D.P.R. n. 146/2018 alle persone fisiche e alle imprese in scadenza tra il 31 gennaio ed il 31 luglio 2020 è prorogata per ulteriori 90 giorni successivi alla cessazione dello stato di emergenza Covid-19.   Pertanto, gli organismi riconosciuti da ACCREDIA e designati dallo stesso Ministero – normalmente incaricati del rilascio e del rinnovo di tali certificazioni – possono accedere alla pagina riservata del Registro telematico nazionale delle persone e delle imprese certificate e provvedere all’estensione della validità dei certificati da loro rilasciati, ad eccezione di quelli sospesi e/o revocati.   ACCREDIA si adopererà per monitorare l’attività degli organismi di certificazione. Unioncamere, invece, tramite il Registro telematico nazionale delle persone e delle imprese certificate, metterà a disposizione gli strumenti telematici utili alla comunicazione degli organismi.   Infine, si precisa che – a seguito di tale circolare – le persone e le imprese interessate dalla proroga resteranno visibili nella “Sezione C – Sezione delle persone e delle imprese certificate” del Registro nazionale.   Gas fluorurati: definizione e soggetti interessati dalla proroga   Secondo il protocollo di Kyoto, i gas fluorurati (FGAS) sono: il biossido di carbonio (CO2), il metano (CH4), il protossido di azoto (N20) e i gas fluorurati di origine antropica.   Si tratta di gas che vengono impiegati in diversi campi e che vengono ancor più definiti nell’articolo 2 del Regolamento UE di riferimento – n. 517/2014 – il quale include: i perfluorocarburi, l’esafluoro di zolfo, gli idrofluorocarburi e gli altri contenenti fluoro elencati nell’allegato 1 del Regolamento o miscele che contengono queste sostanze.   Gli FGAS vengono trattati da precise persone fisiche e imprese, quali:   Operatori che trattano apparecchiature e sistemi contenenti gas fluorurati, incluso il personale tecnico e le imprese coinvolte in attività collegate alle apparecchiature; Utilizzatori di SF6 nella pressofusione del magnesio e per il riempimento degli pneumatici; Produttori, importatori ed esportatori di gas fluorurati.   Questi soggetti sono tenuti a rispettare le disposizioni incluse nel D.P.R. n. 146/2018, il quale recepisce e attua quanto previsto nel suddetto Regolamento UE. Importantissimi sono i controlli da effettuare relativi alla verifica di eventuali perdite di FGAS.   Apparecchiature e impianti con gas fluorurati: quali sono?   Le apparecchiature di gas fluorurati sono: quelle per la refrigerazione, quelle per il condizionamento d’aria, le pompe di calore fisse, gli impianti fissi di protezione antincendio ed estintori, i quadri e gli apparecchi di manovra (commutatori) di alta tensione e le apparecchiature contenenti solventi.   A questi vanno aggiunti gli impianti caratterizzati dal ciclo di Rankine e gli accessori, i contenitori, le strutture di sostegno il cui impiego è associato alla generazione, trasmissione, distribuzione e conversione di energia elettrica.   Regolamento UE e decreto nazionale: norme di riferimento per il trattamento degli FGAS   Il trattamento degli FGAS e delle apparecchiature coinvolte viene disciplinato dal Regolamento UE n. 517/2014 e dal D.P.R. nazionale che lo recepisce e ne prevede l’applicazione, ossia il n.146/2018. Il Regolamento UE sostituisce il precedente CE n. 842/2006 (abrogato); è entrato in vigore il 9 giugno 2014 ed è stato applicato a partire dal 1° gennaio 2015. Questo mira a proteggere l’ambiente mediante disposizioni volte a ridurre le emissioni di gas fluorurati a effetto serra (FGAS). Il Regolamento si esprime in merito a:   Controllo delle perdite di FGAS (articoli 4 e 5) Obblighi di recupero (art. 8) Obbligo di certificazione delle persone fisiche e delle imprese (art. 10) Controllo dell’uso degli FGAS (art. 13)   Il Regolamento prevede che la vendita degli FGAS sia effettuata esclusivamente ai soggetti dotati di certificazione. Ma di quale certificazione parliamo?   Della certificazione disposta dal D.P.R. n.146/2018, la quale – agli articoli 7 e 8 – prevede che le persone fisiche e le imprese che svolgono attività di installazione, manutenzione, assistenza, riparazione e smantellamento di apparecchiature contenenti gas fluorurati a effetto serra devono possedere un certificato. Questo viene richiesto tramite istanza e rilasciato dagli organismi di certificazione riconosciuti da ACCREDIA e designati dal MATTM.   Normalmente, il certificato vale 10 anni nel caso di persone fisiche e 5 anni per le imprese; questi vanno rinnovati entro 60 giorni prima della scadenza. Chi intende conseguire la certificazione deve attenersi alla procedura determinata dal D.P.R. di riferimento.   Resta aggiornato con Tecno Supportiamo l’attività di imprese ed enti interessati ad ottimizzare le proprie prestazioni energetiche e a conseguire certificazioni EPD, ISO 50001 e carbon footprint.   Continua a seguire il nostro blog.

Impianti sportivi ed efficienza energetica: ottimizzare i consumi per favorire il settore e l’ambiente

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I consumi energetici delle strutture sportive italiane, tra dati e interventi di efficientamento.   L’efficienza energetica può supportare la ripresa economica delle strutture sportive, particolarmente colpite dalla crisi post Covid-19. Ma quali sono i consumi energetici degli impianti sportivi? È possibile ottimizzare il consumo energetico di questi impianti sfruttando bandi e agevolazioni nazionali? Scopriamolo insieme.   Gli impianti sportivi post lockdown: calano le presenze, ma non la spesa energetica   Una recente indagine internazionale – condotta da università e istituti di ricerca specializzati – dimostra che la principale fonte di finanziamento del sistema sportivo deriva dalla spesa sostenuta da individui e famiglie. Con il pagamento di quote, rate e abbonamenti quindi, gli amanti dello sport e del benessere contribuiscono notevolmente alla gestione economica di questi impianti.   Con la riapertura delle attività post lockdown, molti sportivi hanno preferito continuare ad allenarsi in strada o in casa. Intanto però le strutture restano aperte e al calo delle presenze non segue quello delle spese.   Gli impianti sportivi, inclusi campi da tennis, piscine, palestre e palazzetti dello sport, sono estremamente energivori, ossia caratterizzati da un notevole consumo energetico. Una spesa, insomma, che rischia di divenire insostenibile se non ottimizzata, frenando così la ripresa del settore.   I numeri dello sport in Italia: praticanti, strutture e consumi energetici   L’indagine Istat “I cittadini e il tempo libero” del 2015 dimostra che sono più di 20 milioni le persone in Italia che fanno sport.   Il rapporto redatto dal Centro Studi e Osservatori Statistici per lo sport del CONI del 2017 parla di ben 4 milioni e 703 mila atleti, tra tesserati e affiliati, numero a cui bisogna poi aggiungere quello dei frequentatori abituali di palestre.   Nonostante i grandi passi in avanti fatti negli ultimi anni, sono ancora tante le persone che considerano le strutture sportive poco adeguate, specie nel Mezzogiorno d’Italia. Il numero degli impianti sportivi siti nella nazione – tra cui centri polivalenti all’aperto, piscine, campi da tennis, stadi e palazzetti – è pari a 150.000; 7.000 sono invece le palestre private. Si tratta di strutture per lo più di vecchia costruzione, risalenti agli anni ’80, caratterizzati da una bassissima classe energetica e da notevoli consumi di energia elettrica.   I consumi energetici delle strutture sportive: perché consumano tanto?   Rispetto ad altri edifici, quelli sportivi sono caratterizzati da un maggiore consumo energetico e ciò è legato a diverse ragioni. Si tratta di strutture che se dotate di piscine, devono garantire l’equilibrio climatico delle vasche e degli ambienti. Spesso ospitano spazi di ristoro, bar e aree di conversazione che hanno consumi energetici propri e che vanno adeguatamente climatizzati, così come le palestre. Bisogna fornire acqua calda per la climatizzazione invernale e refrigerata per quella estiva. Pensare al ricambio d’aria con sistemi di ventilazione controllati, gestire l’illuminazione interna ed esterna e alimentare le strumentazioni ginniche presenti.   Da standard a consapevole: perché ottimizzare il consumo energetico degli impianti sportivi   Per capire come può cambiare il valore della spesa energetica di un impianto sportivo basta confrontare i dati di consumo di una gestione standard con una più “consapevole”. Nella gestione standard abbiamo parametri pari a 1.336 kWh per il consumo termico e 237 kWh per quelli elettrici per metro quadro ogni anno. Una gestione adeguata dell’energia permetterebbe di abbassare questi valori fino a raggiungere i 573 kWh per quelli termici e 152 kWh per quelli elettrici. Abbassare il consumo energetico degli impianti sportivi significa ridurre il totale della spesa energetica, ma anche offrire ai frequentatori spazi efficienti e sostenibili.   Efficientamento energetico degli impianti sportivi: dalla diagnosi alle azioni correttive   Per ridurre il consumo energetico degli impianti sportivi bisogna innanzitutto intervenire con la diagnosi energetica; attività indispensabile per individuare le aree di maggior consumo e definire le azioni correttive da intraprendere.   In presenza di piscine è possibile introdurre dei teli isotermici per coprire le vasche nelle ore di non utilizzo; ciò consentirebbe di evitare l’evaporazione dell’acqua contenuta, di ridurre la quantità di acqua da reintegrare e così l’energia da impiegare per riscaldarla.   Per ottimizzare il consumo energetico legato alla climatizzazione degli ambienti potrebbero tornare utili azioni come: l’isolamento di pareti e coperture, la sostituzione degli infissi e quella degli impianti di produzione di energia termica.   Si potrebbe ancora agire introducendo sistemi di autoproduzione di energia ed effettuare interventi di revamping per ottimizzare i consumi dell’impianto di illuminazione in spazi indoor e outdoor. Alcune tecnologie consentono di ridurre notevolmente il consumo di energia, come la cogenerazione; un sistema di produzione simultanea di energia termica ed elettrica che consentirebbe di conseguire un risparmio di energia pari al 30% rispetto alla produzione separata.   E ancora: sostituire caldaie vecchie con altre più efficienti per ottimizzare il consumo energetico legato alla fornitura di acqua calda da distribuire in spazi e docce o introdurre pompe di calore per riscaldare gli ambienti e le acque sfruttando l’energia delle risorse naturali.   Incentivi statali e locali per l’efficientamento energetico degli impianti sportivi   I soggetti pubblici o privati interessati alla riqualificazione energetica delle strutture sportive in loro possesso possono accedere a diversi fondi e agevolazioni messi a disposizione dallo Stato e da altri enti nazionali, tra cui:   Bandi 2020 Istituto Credito Sportivo: in accordo con Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) l’ICS ha messo a disposizione bandi diversi tra cui “Sport Verde Comuni“, esplicitamente dedicato all’efficientamento energetico di impianti sportivi già esistenti. Il progetto prevede un mutuo a tasso fisso per un importo massimo di 5.000 €, con ammortamento della durata massima di 20 anni e interessi e spese di istruttoria pari a zero. L’incentivo mira a finanziare investimenti in efficienza energetica: risparmio energetico certificato, produzione di energia termica, interventi per uso di fonti rinnovabili, realizzazione di manti in erba sintetica a invaso vegetale al 100% e produzione di energia attraverso sistemi ecocompatibili. Unico requisito di accesso è la certificazione del risparmio conseguito da parte di un soggetto riconosciuto da ACCREDIA.   Conto termico 2.0 2020: dedicato all’incremento di efficienza energetica e alla produzione

Portale energivori 2020: dal 1° al 31 luglio la sessione suppletiva

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Riapertura straordinaria del portale CSEA per le dichiarazioni delle imprese energivore.   La CSEA mette in pratica quanto autorizzato da ARERA con la Delibera del 16 giugno e apre – in via eccezionale – una sessione suppletiva di 30 giorni per accogliere le dichiarazioni delle imprese a forte consumo energetico interessate alle agevolazioni energivore per l’anno 2020.   ARERA: la CSEA riapre in via eccezionale il portale per le agevolazioni energivore 2020   Dal 1° al 31 luglio 2020 riapre, in via eccezionale, il portale della CSEA (Cassa per i Servizi Energetici e Ambientali) dedicato alla ricezione delle dichiarazioni delle imprese interessate alle agevolazioni energivore per l’anno di competenza 2020. La notizia dell’apertura viene diffusa con la Circolare n. 28/2020/ELT.   La CSEA applica quanto autorizzato dall’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) con la recente delibera del 16 giugno e si prepara ad accogliere – nell’ambito della sessione suppletiva – le dichiarazioni delle imprese che non sono riuscite a rispettare il termine fissato in precedenza per la presentazione delle dichiarazioni.   Le imprese che non presentano la dichiarazione dei consumi entro la scadenza fissata perdono il diritto al riconoscimento delle agevolazioni previste dal Decreto Ministeriale del 21/12/2017.   Sessione suppletiva: cos’è e a cosa serve   Lo scorso 16 giugno 2020, con la delibera 217/2020/R/eel, ARERA integra la precedente delibera 921/2017/R/eel introducendo la sessione suppletiva (comma 3.3 bis) e nuove modalità di contribuzione delle imprese ai costi amministrativi sostenuti per la gestione del meccanismo delle agevolazioni.   La sessione suppletiva è una misura di flessibilità, dedicata alle imprese che per specifiche ragioni  – a loro imputabili – non rispettano la scadenza prevista per la presentazione della dichiarazione. Ricordiamo che quest’ultima è necessaria all’avvio del procedimento di aggiornamento dell’elenco energivori per l’anno successivo.   Secondo la delibera del 16 giugno, la CSEA deve aprire il portale entro il 28 febbraio di ciascun anno n per l’attribuzione della classe di agevolazione applicabile al medesimo anno e che il diritto al riconoscimento dell’agevolazione decorra dal 1° febbraio dell’anno n.   Le imprese in classe di agevolazione VAL che accedono tramite la sessione suppletiva continuano a corrispondere interamente il versamento della contribuzione alla CSEA, nel rispetto delle normali disposizioni indicate nel Decreto Ministeriale del 21 dicembre 2017.   Agevolazioni per imprese energivore 2020: come ottenere un rimborso a partire da 30.000 €   Grazie al Decreto del 21 dicembre 2017 del Ministero dello Sviluppo Economico (MiSE), dal 1° gennaio 2018 basta consumare almeno 1 GWh/anno di energia elettrica per ottenere una riduzione sull’importo degli oneri di sistema. Si tratta degli oneri addebitati a tutti i clienti finali per sostenere le spese legate al sistema dell’energia elettrica.   Dunque, accedono alle agevolazioni energivore le imprese che hanno un forte consumo di energia elettrica appartenenti ai settori indicati nell’allegato 3 alle linee guida CE e quelle dei settori indicati nell’allegato 5 (con indice di intensità elettrica non inferiore al 20%).   Dichiarazione dei consumi imprese energivore: perché è necessaria?   La dichiarazione dei consumi è indispensabile per accedere alle agevolazioni energivore e va redatta nel rispetto dei requisiti previsti dal D. M. del 27 dicembre 2017. A seguito della ricezione delle dichiarazioni, la CSEA effettua le dovute verifiche di legittimità e di coerenza e – se spetta – include l’impresa richiedente nell’elenco dei beneficiari dell’agevolazione per l’anno di competenza.   Scopri se rientri nelle agevolazioni riconosciute dal MiSE a favore delle imprese a forte consumo energetico, compila il form.

L’impatto ambientale del legno nel settore dell’edilizia: le potenzialità di un materiale carbon neutral

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Il consumo delle fonti di energia fossile è tra le principali cause dell’incremento dell’effetto serra, a causa del rilascio di enormi quantità di CO2 nell’aria. Ridurre le emissioni CO2 è possibile limitando l’uso di fonti fossili e incrementando l’impiego di fonti energetiche rinnovabili.   Il tema della sostenibilità è strettamente correlato a quello dell’edilizia. É in questo settore infatti che ogni industria deve fare il possibile per aumentare l’efficienza energetica, utilizzare materiali naturali e riciclabili. Molti studi LCA – analisi del ciclo di vita – hanno dimostrato come le performance del legno siano migliori rispetto a quelle degli altri materiali di costruzione, sia in termini di energia che di inquinamento atmosferico e marino.   Impatto ambientale del legno: meno energia, più carbon neutral!   Facendo parte di una filiera produttiva meno energivora rispetto ad altri materiali, quali ad esempio l’acciaio o l’alluminio, il legno richiede una quantità di energia primaria, durante il processo di trasformazione, inferiore rispetto ai tradizionali materiali edili e ha come vantaggio il fatto che gli scarti di lavorazione possono essere recuperati per la realizzazione di prodotti o per la produzione di energia termica. Grazie alla possibilità di riciclo e riuso alla fine del suo ciclo di vita, il legno viene considerato carbon neutral.   Il legno, materiale eco-sostenibile   Il legno rientra tra i materiali eco-sostenibili, per questo viene considerato sempre più come soluzione ottimale nel settore dell’edilizia. Il suo utilizzo, infatti, rispetto ad altri materiali di costruzione, come il calcestruzzo, i mattoni, il vetro, l’acciaio, richiede un basso consumo energetico, prevenendo così l’aumento delle emissioni di CO2. Inoltre, il legno rappresenta la migliore risorsa per creare condizioni ambientali più salutari per l’uomo. Siamo ormai consapevoli di quanto i problemi più urgenti siano rappresentati dalle eccessive emissioni di CO2 e i cambiamenti climatici e di quanto sia necessario partecipare attivamente al raggiungimento della sostenibilità ambientale e alla transizione verso l’economia circolare.   Quali sono le caratteristiche vincenti del legno?   Il rapporto peso/prestazioni, la permeabilità e l’inerzia termica rendono il legno una delle materie prime maggiormente utilizzate nel settore delle costruzioni.   I continui progressi nella ricerca del settore edile e nelle tecnologie per la lavorazione del legno hanno fatto sì che sempre più industrie e persone scelgano questo materiale per arredamento e costruzioni. Si sta sviluppando, infatti, maggiore sensibilità ecologica, ambientale e nei confronti delle risorse a disposizione. Scegliere il legno come materiale da costruzione vuol dire affidarsi ad un materiale rinnovabile, sostenibile, ecologico, duttile.   La materia prima più ecologica sulla Terra: ecco perchè usare il legno   Alberi e foreste sono una fonte di materia prima che cresce ogni anno. Molte foreste europee sono gestite proprio per produrre legno per il settore manifatturiero e una volta abbattuto un albero, al suo posto ne viene piantato un altro; inoltre le aree forestali europee sono in continua espansione.   I prodotti del legno rendono il clima più sano perchè gli alberi assorbono CO2 dall’aria, la trattengono nei tronchi, presente poi nei prodotti del legno. Dunque, ogni volta che viene utilizzato il legno nella costruzioni di edifici, mobili, case, si riduce l’effetto serra. Ma non solo, perché se si decide di bruciare prodotti in legno, questi conserveranno  energia e bruciando emettono la stessa CO2 che l’albero ha usato per crescere.   Una risorsa che cresce e produce energia pulita anziché rifiuti: ecco perché il legno è la materia prima più ecologica sulla Terra.   Bioedilizia a basse emissioni di carbonio? Affidati a noi per il calcolo della carbon footprint   La carbon footprint – impronta di carbonio – è il parametro che stima la quantità di gas serra emessi per la realizzazione di un prodotto. Vien da sé quanto sia necessario produrre ed acquistare beni che abbiano un basso impatto ambientale, quindi un basso livello di carbon footprint. Così come avviene per i prodotti, anche per edifici, materiali utilizzati per la costruzione e tutti i processi che ne derivano, la sostenibilità è definita grazie al calcolo della carbon footprint.   Misuriamo la quantità di CO2 individuando e quantificando le emissioni che derivano dall’estrazione e dalla trasformazione delle materie prime, dall’energia utilizzata, dalle fasi di produzione, distribuzione, uso e smaltimento del prodotto; definiamo un sistema di carbon management per identificare e realizzare interventi per ridurre le emissioni di gas a effetto serra.   Una scelta responsabile è oggi più che mai necessaria. Contattaci per scoprire tutti i vantaggi della carbon footprint: insieme possiamo ottenere un’economia a basso impatto ambientale, con la riduzione delle emissioni CO2.

Compensazione emissioni CO2: come ridurre l’impatto ambientale, dalla logistica ai materiali di produzione

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La compensazione di carbonio è una riduzione delle emissioni di gas serra, necessaria per ridurre l’impatto ambientale. Compensare le emissioni CO2 significa bilanciare la quantità di CO2 generata dalle attività attraverso interventi di forestazione che siano in grado di assorbirla oppure sviluppando progetti di efficienza energetica, o utilizzando fonti rinnovabili che evitino di produrla. Oggi, tutte le aziende piccole e grandi sono alla ricerca di soluzioni eco-sostenibili, al fine di individuare e ridurre le emissioni, rendere le attività più sostenibili e passare ad un’economia circolare.   Logistica ecologica, logistica sostenibile: quali strategie attuare?   Sempre più negozi on line si sono attivati e continuano ad attivarsi nella riduzione delle emissioni di gas serra. Chi attraverso l’utilizzo di materiali di produzione sostenibili, chi con il packaging, chi devolvendo una piccola somma della spesa sostenuta dall’acquirente a fondazioni per la salvaguardia del Paese, chi proponendo soluzioni green durante il trasporto.   La logistica, infatti, gioca un ruolo centrale nell’economia mondiale. Per essere sostenibile bisogna considerare tutte le attività della supply chain: utilizzare materiali e packaging eco-sostenibili, accorpare la merce in base alle aree di destinazione, preferire carburanti biodegradabili e il trasporto modale così da ridurre il trasporto su gomma, utilizzare energie rinnovabili durante le fasi di produzione nell’intera logistica, optare per edifici eco-compatibili, differenziare i rifiuti prediligendo imballaggi costituiti da materie prime riciclabili.   Sostenibilità e trasparenza: l’impatto ambientale dei materiali   In occasione dell’Earth Day tenutosi il giorno 22 aprile – giornata mondiale della Terra – OVS ha presentato il progetto ECO VALORE, sviluppato in collaborazione con l’Università di Padova. Il progetto permette di scoprire qual è l’impatto che hanno i nostri capi sull’ambiente attraverso 3 indici che consentono il calcolo di quanta acqua è stata utilizzata per realizzare un prodotto, quanta CO2 è stata emessa per la produzione e quanto sia potenzialmente riciclabile. In ogni scheda prodotto dell’e-commerce è presente una tabella in cui sono indicati i 3 indici in riferimento al prodotto selezionato.   Dai materiali al packaging: il ruolo del produttore e del consumatore   La strada dell’impatto zero e la strategia sostenibile sono le leve su cui si sta concentrando il settore moda e lifestyle, uno dei più inquinanti al mondo.   La piattaforma on line Zalando offre la possibilità di donare 0,25 euro, scegliendo l’apposita opzione al momento della conclusione dell’ordine, per contribuire alla riduzione delle emissioni CO2 prodotte per l’imballaggio, la consegna e l’eventuale reso. I centri logistici si stanno adattando grazie a tecnologie rinnovabili e sostenibili, sia per quanto riguarda gli edifici, in modo che generino minore quantità di emissioni di gas a effetto serra, sia con i macchinari utilizzati, in modo che producano meno energia e non vi sia quindi uno spreco di risorse che genera solo inquinamento.   Zara, invece, punta ai materiali utilizzati. Per alcune collezioni, infatti, garantisce l’utilizzo di materie prime, quali cotone e viscosa, con l’ausilio di fertilizzanti e pesticidi naturali, così da preservare la biodiversità dei semi e la fertilità del terreno; alcuni capi posseggono la certificazione ECOLABEL in quanto i processi di produzione soddisfano rigorosi standard ambientali.   Essere consapevoli è il primo passo per fare scelte sostenibili   Noi di Tecno siamo molto attenti all’ambiente, per questo motivo puntiamo su servizi che consentono la riduzione delle emissioni CO2 e ci avvaliamo di soluzioni sostenibili. Scegliendo il nostro servizio di carbon management avrai a disposizione esperti del settore in grado di guidarti verso un’economia a basse emissioni di carbonio. La carbon footprint può essere realizzata sia per prodotti sia per organizzazioni.   5 buoni motivi per effettuare l’analisi della carbon footprint   Identifica le fasi del ciclo di vita dei prodotti che contribuiscono maggiormente all’impronta di carbonio, così da poter programmare degli interventi di carbon reduction; Migliora la comunicazione all’interno della tua azienda, in quanto tutti devono essere formati ed informati in egual modo. Dalla conoscenza parte la consapevolezza; I consumatori, sempre più attenti alle tematiche green, sono maggiormente spinti all’acquisto di prodotti i cui materiali di produzione siano stati rispettosi dell’ambiente. Questo ti consente di ottenere maggiore visibilità, competitività, guadagni; Il tuo business ne giova in quanto dimostri alla società quanto la tua azienda sia responsabile ed attenta; Comporta una riduzione degli sprechi di risorse, migliora l’efficienza energetica ed apporta un notevole risparmio economico.   Scopri quali sono le tue emissioni CO2 e l’impatto ambientale dei tuoi prodotti e servizi. Compila il form.

Carbon footprint e industria della moda: lo stile fa spazio al green

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Ottimizzare l’impatto ambientale dell’industria della moda con la carbon footprint product.   L’industria della moda è tra le più inquinanti al mondo ed oggi più che mai bisogna agire per il bene dell’ambiente, offrendo prodotti fashion, ma sostenibili. Vediamo come incentivare la crescita del proprio business nel rispetto dell’ambiente con la carbon footprint di prodotto.   Sostenibilità e impegno ambientale: un dovere per le imprese, un valore per i consumatori   Le risorse del nostro pianeta sono uniche e preziose. È la dura lezione che l’ambiente sta dando a tutti noi, mostrandoci quanto processi ed azioni non sostenibili possano influenzare i cambiamenti climatici e la nostra stessa vita. Così come l’uomo è chiamato a considerare l’ambiente in cui opera, allo stesso modo le imprese sono invitate ad offrire prodotti sostenibili, frutto di processi a basso impatto ambientale.   La sostenibilità costa, ma conta; perché i consumatori sono diventati più consapevoli e preferiscono talvolta prodotti più costosi purché sostenibili. Chi sceglie di analizzare l’impatto ambientale dei processi di lavorazione, mira ad ottimizzare le proprie performance ambientali ed economiche.  È l’impegno che si traduce in guadagno.   Industria della moda: not only cool   L’industria della moda è una delle più inquinanti al mondo. Si tratta di un settore che fa un uso intensivo di risorse naturali e che ruota intorno al concetto delle tendenze e dunque generatore di rifiuti. Un prodotto può essere in voga oggi ed abbandonare la scena a distanza di pochi mesi; per questo motivo l’industria della moda è più incline e soggetta alla produzione di beni che hanno un ciclo di vita molto breve, provocando sprechi di risorse e un accumulo di rifiuti spesso non biodegradabili.   Per sopravvivere, oggi un’azienda deve essere in grado di offrire prodotti fashion e allo stesso tempo sostenibili. Ecco perché molte imprese hanno cominciato a modificare i propri processi produttivi, ottimizzando tutte le fasi di lavorazione, facendo attenzione a fattori importanti come: il consumo di energia, le emissioni di gas nocivi, il grado di biodegradabilità/riciclabilità dei beni a fine vita, il costo ambientale della logistica.   Offrire accessori, calzature e capi di abbigliamento sostenibili significa poter garantire circa la loro provenienza e produzione. È tempo di fare spazio all’impiego di materie prime biologiche, di monitorare le performance ambientali dei prodotti offerti e di mettere a disposizione di stakeholder e clienti informazioni dettagliate.   L’impegno ambientale dei big player del settore: tra fashion pact e approcci virtuosi   In agosto 2019 è stato siglato il Fashion Pact, accordo internazionale fortemente voluto dal presidente francese Macron che unisce 32 aziende internazionali appartenenti al settore lusso, fast fashion, tessile e distribuzione.   L’accordo nasce in difesa dell’ambiente al fine di raggiungere obiettivi diversi che ruotano intorno a tre macro temi:   Contrastare il riscaldamento globale attraverso un piano per azzerare le emissioni di gas serra entro il 2050; Ripristinare la biodiversità tramite precise linee guida volte alla ricostruzione degli ecosistemi naturali e alla protezione delle specie animali; Difendere gli oceani attraverso azioni mirate, come la riduzione dell’impiego di plastica monouso.   Tra i big player firmatari del Fashion Pact ci sono anche importanti realtà italiane, come: Prada, Ferragamo, Armani e Zegna.   Chi ha già scelto di migliorare i propri processi produttivi adotta strumenti diversi per informare i consumatori del loro impegno ambientale. L’azienda di abbigliamento Patagonia ha ideato, ad esempio, il “The footprint chronicles”, uno strumento che consente ai consumatori di verificare online – tramite il sito web – l’impatto ambientale di tutti i loro prodotti. La casa italiana Fabiana Filippi, in-forma il pubblico – attraverso una recente intervista pubblicata su Vogue – di aver aderito al programma nazionale carbon footprint.   Carbon Footprint Product: come misurare l’impatto ambientale dell’industria della moda   L’individuazione e la quantificazione delle performance ambientali dei prodotti richiedono processi lunghi e spesso difficili da comprendere. Fortunatamente, negli anni, queste procedure sono state facilitate da linee guida, processi di calcolo comuni e indici specifici.   Tra gli indici più riconosciuti a livello internazionale c’è la Carbon Footprint di prodotto o Carbon Footprint Product (CFP). La carbon footprint di prodotto è il risultato del calcolo di tutti i gas ad effetto serra emessi durante l’intero ciclo di vita del prodotto. L’approccio di questo indice è infatti denominato “from cradle to grave“, cioè dalla culla alla tomba, in quanto analizza le emissioni prodotte dal momento di approvvigionamento delle risorse a quello di smaltimento finale.   La CFP è espressa in termini di Kg di CO2  equivalente, una misura unica, utile a paragonare l’impatto ambientale di diversi e più prodotti. Il metodo usato per sviluppare le attività di quantificazione, reporting e comunicazione è unico a livello mondiale ed è contenuto nella norma ISO 14067.   Le emissioni di CO2 sono la prima causa del surriscaldamento globale e – di conseguenza – dei cambiamenti climatici. Ciò rende il calcolo della CFP di fondamentale importanza, specie per le imprese di moda che intendono fare della sostenibilità la loro bandiera.   Ti occupi di moda e vuoi misurare l’impronta di carbonio dei tuoi capi? Contattaci

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