Anche in Italia il greenwashing diventa reato.
A luglio del 2021 Alcantara S.p.A. ha depositato un ricorso d’urgenza nei confronti di Miko Srl, in materia di pubblicità ingannevole e greenwashing, con accusa di concorrenza sleale.
Cosa prevede l’ordinanza del Tribunale di Gorizia R.G. 2021/712, emessa il 25 novembre 2021? Soprattutto, perché riveste così tanta importanza?
Analizziamo cosa è successo.
Concorrenza sleale: il ricorso avanzato da Alcantara
Alcantara S.p.A. ha presentato ricorso nei confronti di Miko Srl per aver diffuso messaggi che integrassero ipotesi di concorrenza sleale, mediante una comunicazione ingannevole.
Si tratta della prima ordinanza cautelare in Italia in tema di greenwashing, inteso come pubblicità non veritiera sulle pratiche sostenibili messe in atto dalle aziende.
Miko ha contestato la competenza del Tribunale di Gorizia in merito al ricorso avanzato da Alcantara; ma è bene chiarire che quando ci si trova nell’ambito della concorrenza sleale (anche detta non interferente) la competenza è del giudice ordinario. Nel caso di concorrenza sleale interferente (comportamenti che interferiscono con un diritto di esclusiva proprietà industriale, come brevetti, marchi o diritti di autore) la competenza è delle sezioni specializzate.
Alcantara S.p.A. è una società italiana che opera nel settore tessile, il cui tessuto omonimo è prodotto e commercializzato a livello mondiale. Negli anni ha sviluppato un fortissimo impegno sul fronte della sostenibilità; dal 2009 è certificata carbon neutral.
Miko Srl è una società italiana concentrata nella produzione di Dinamica®, una microfibra dall’aspetto simile al camoscio, utilizzata anche su alcuni modelli di auto. L’azienda ha reso noto l’obiettivo di diventare carbon neutral entro il 2024.
La richiesta di Alcantara nei confronti di Miko
A seguito del ricorso e dopo un’ampia discussione, il Giudice del Tribunale di Gorizia ha invitato le parti a trovare un accordo, ma le trattative per la conciliazione giudiziale sono fallite.
La richiesta di Alcantara nei confronti di Miko riguarda:
- inibitoria con effetto immediato della diffusione dei messaggi pubblicitari ingannevoli, veicolati sui canali di comunicazione online ed offline in italiano ed in inglese, in via diretta ed indiretta;
- penalità monetaria di 1.000 e 10.000 euro rispettivamente per ogni violazione e giorno di ritardo o inosservanza successivamente constatata e per ogni giorno di ritardo nell’adempimento di quanto indicato nell’ordinanza;
- attuazione di ulteriori provvedimenti al fine di eliminare gli effetti dell’attività ritenuta illecita, tra cui l’invio di comunicazioni informative ai propri clienti in merito all’esito del procedimento, segnalando tutti i claim non veritieri, fornendo una prova di quanto fatto;
- pubblicazione del provvedimento nella home page del proprio sito web entro 10 giorni dalla comunicazione e su alcune riviste di settore indicate;
- condanna alle spese e agli onorari.
Pubblicità ingannevole: cosa vuol dire?
Per poter concedere un provvedimento d’urgenza è necessario che sussistano le condizioni di un tipico provvedimento cautelare: periculum in mora e fumus boni iuris. In merito a quest’ultimo è necessario richiamare la normativa attualmente in vigore, con riferimento alla pubblicità ingannevole e nello specifico al fenomeno del greenwashing.
Nel 2007 è stato varato il D. Lgs. 145/07, il quale ha lasciato immutata la definizione di pubblicità ingannevole ma ha introdotto importanti novità:
- la possibilità per l’Autorità garante della concorrenza e del mercato di poter agire contro la pubblicità ingannevole e comparativa illecita;
- la possibilità per l’azienda scorretta di impegnarsi a risolvere l’illecito bloccando qualsiasi pubblicità ingannevole o modificandola prima di diffonderla nuovamente;
- l’applicazione di sanzioni pecuniarie più alte.
Quando si parla di pubblicità ingannevole ci si riferisce ad un messaggio promozionale in grado di alterare positivamente le decisioni d’acquisto dei consumatori; questi, assumono così un comportamento che non avrebbero tenuto o che sarebbe stato diverso.
Greenwashing e pubblicità ambientale: cosa e come comunicare
La pratiche sostenibili e le virtù ecologiche messe in risalto dalle aziende influenzano le scelte d’acquisto dei consumatori, sempre più sensibili al rispetto e alla tutela dell’ambiente.
L’art. 12 “Tutela dell’ambiente naturale” del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale specifica che quando si dichiarano o si evocano benefici di carattere ambientale o ecologico, questi devono basarsi su dati veritieri, pertinenti e scientificamente verificabili.
La comunicazione commerciale deve mettere in condizione di far comprendere chiaramente a cosa si riferiscono i benefici, in merito all’aspetto del prodotto o all’attività pubblicizzata.
La pubblicità ambientale è una comunicazione che implicitamente ed esplicitamente si riferisce a:
- relazione tra prodotto e ambiente;
- promozione di uno stile di vita eco-compatibile;
- presentazione di un’immagine aziendale caratterizzata dall’impegno ambientale, mediante l’utilizzo di dichiarazioni ambientali “verdi” chiare, accurate e dimostrabili.
Il greenwashing rientra nel campo della concorrenza sleale; l’espansione del fenomeno ha portato alla nascita di molteplici soggetti regolatori e normative di riferimento, il cui obiettivo è garantire il rispetto della veridicità del messaggio e che questo non risulti fuorviante.
Campagna pubblicitaria: il greenwashing di Miko
Alcantara ha denunciato i messaggi pubblicitari di Miko ritenendoli molto generici ed in grado di costruire agli occhi del consumatore un’immagine green dell’azienda non propriamente reale.
“Scelta naturale, amica dell’ambiente, prima e unica microfibra che garantisce eco sostenibilità durante tutto il ciclo produttivo” sono alcuni dei claim che identificano il greenwashing di Miko.
Per poter diffondere una campagna pubblicitaria green è necessario comprendere quali sono le politiche aziendali che consentono un maggior rispetto dell’ambiente e che riducono realmente l’impatto generato dalla produzione e dalla commercializzazione del prodotto.
In particolare, Alcantara fa riferimento alle seguenti comunicazioni diffuse da Miko:
- riciclabilità totale al 100% del tessuto, al termine del ciclo di utilizzo: l’informazione non risulta verificata e verificabile. Nell’EPD (Dichiarazione Ambientale di Prodotto), Miko dichiara che l’azienda sta ricercando tecnologie che possano rendere il prodotto totalmente riciclabile;
- riduzione del consumo di energia e delle emissioni di CO2 dell’80%: il prodotto è stato realizzato in parte con materiale riciclato, dunque la quantità di CO2 risparmiata è applicabile solo alla parte di materiale usato riciclato;
- utilizzo di coloranti naturali: su questo punto non è possibile provare che si tratti di pubblicità ingannevole; la comunicazione infatti è avvenuta all’interno di una trasmissione televisiva e la presenza dell’immagine dei coloranti non è attribuibile a Miko.
La Commissione europea definisce così il greenwashing: “Le promesse eccessive, il non disporre di dati scientifici sufficienti per sostenere le affermazioni e l’utilizzare immagini confuse che inducano i consumatori a credere che il prodotto abbia un impatto positivo sull’ambiente, anche quando non ce l’ha.”
La sostenibilità è un’opportunità di business: costruiamola insieme
Il 26 novembre 2021 il Tribunale di Gorizia ha accettato la richiesta avanzata da Alcantara S.p.A. nei confronti di Miko Srl, condannandola alle spese e agli onorari (7.962,00 euro e 259,00 euro, oltre IVA e spese generali); ha rigettato la pubblicazione del provvedimento sulle riviste di settore, indicate da Alcantara, con la sola diffusione sul sito web di Miko per un totale di sessanta giorni consecutivi.
Con un’ordinanza cautelare resa nota il 12 marzo, il Tribunale ha accolto il reclamo di Miko revocando l’ordinanza precedente. Il provvedimento è giunto per mancanza di prove sul fatto che la comunicazione green di Miko avesse determinato la perdita o il concreto rischio di perdita di clienti per Alcantara.
Ciò che comunque emerge dall’ordinanza è molto chiaro: la sostenibilità è un’opportunità per il business, che va tutelata con una comunicazione efficace e veritiera.
La green reputation oggi più che mai identifica l’azienda sul mercato e spinge i consumatori all’acquisto consapevole. Alla base della comunicazione deve esserci la misurazione attraverso metodi standard e riconosciuti, sia che questa avvenga sotto forma di claim pubblicitari, sia mediante strumenti come il bilancio di sostenibilità e la dichiarazione non finanziaria.
Il nostro team è impegnato sul tema della sostenibilità, ponendo una forte attenzione sulla comunicazione, affinché questa rappresenti un’opportunità di valore per il tuo business.
Dalle certificazioni aziendali allo sviluppo della dichiarazione non finanziaria, fino ad un percorso strutturato verso la neutralità carbonica.
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